
Tadej POGACAR. 10 e lode. È l’uomo dei numeri, dei record, delle sfide impossibili rese possibili. È l’uomo che sai che c’è e difficilmente lo devi aspettare. Se sente il richiamo della vittoria lo sloveno vince, non ce la fa a scansarsi. Non ce la fa a rimandare a domani ciò che può fare oggi, anche se sembra volersi contenere, un esercizio che non è suo. Sul Mûr de Bretagne va a cogliere la sua seconda gemma in questo Tour, che significa 19° vittoria di tappa nella corsa più prestigiosa al mondo, la numero 13 per lui in stagione in 29 giorni di gara. La numero 101 in carriera, per uno che è sempre alla carica non è che un numero. Come i 60 successi in stagione per la Uae Emirates. Insomma, numeri da far girare la testa, mentre questo ragazzo fa mulinar le gambe come pochi altri al mondo, come pochissimi nella storia del ciclismo, che di giorno in giorno si aggiorna, sotto i colpi di questo fenomeno mai domo, mai sazio.
Jonas VINGEGAARD. 9. È l’unico che tiene a bada Tadej e che gli tiene la ruota, visto che gli altri vengono dimenticati. Pedala bene il danese, altro che crisi, altro che uomo non in condizione. Io lo guardo e mi sembra più in palla che mai e non mi capacito di ciò che ha lasciato per strada nella crono di Caen, forse perché era solo, forse perché è troppo abituato ad avere quello là davanti al naso e non mollarlo per nessunissima ragione.
Oscar ONLEY. 9. Bravo questo ragazzino scozzese della Picnic PostNL. Bravo davvero, vera rivelazione di un Tour che ha già dei piccoli grandi fenomeni e lui è da Oscar.
Felix GALL. 8. L’austriaco della Decathlon resta nel vivo fino alla fine: e in una tappa così, non era cosa semplice.
Matteo JORGENSON. 8. L’americano della Visma scorta da par suo Jonas e poi resta lì a curargli le spalle.
Remco EVENEPOEL. 6,5. Da l’impressione di poter anche dare la zampata nel finale, poi si prende un ceffone e rimbalza indietro.
Kevin VAUQUELIN. 7,5. Il 24enne transalpino ormai staziona lì, in quella che per lui sta diventando una zona di comfort. Si trova bene, in vista di scatenare l’inferno.
Jhonatan NARVAEZ. 9. Nel finale prende Tadej e lo pilota con forza e lucidità. Azione da assoluto corridore di livello e visto che il suo livello è questo, lì nelle zone alte ci resta.
Mattias SKJELMOSE. 5,5. Non sono arrivi che il danese ama, difatti lo digerisce poco.
Florian LIPOWITZ. 5.5. Il talento tedesco è più da grandi salite, questi strappi lo mandano in tilt.
Primoz ROGLIC. 5,5. Forse le tappe che più temeva sono archiviate. Da lunedì incomincia tutto un altro Tour, dove potrebbe anche divertirsi di più.
Ben HEALY. 17. Non fa a tempo a mettere il naso nelle zone alte, che immediatamente precipita: in terra, a sei chilometri dall’arrivo, per colpa di altri.
Joao ALMEIDA. 17. Finisce per le terre anche lui, travolto dai Bahrain. Brutta botta, in tutti i sensi, per il portoghese che pedalava alla grande e per Tadej che rischia di perdere una pedina non fondamentale, ma qualcosa di più.
Mattia CATTANEO. 17. Già siamo in pochi, restiamo anche meno. Perdiamo anche il bergamasco fedele uomo di fiducia di Evenepoel per acciacchi che si portava dietro da due giorni.
Geraint THOMAS. 8. Via a tutta, a velocità siderale: le prime tre ore a 50 km/h, la media finale oltre i 48. La corsa arriva con netto anticipo rispetto alle tabelle del Tour e il merito è gran parte di cinque corridori che prendono questa tappa di petto: Baudin, Thomas, Costiou, Cortina e Haller, quest’ultimo il primo ad arrendersi per crampi. Costiou il primo sul Mur de Bretagne, nel primo dei due passaggi ed è l’ultimo ad arrendersi: tutti bravissimi.