
Al Giro Next Gen è stato il giorno del ricordo, un momento toccante che ha voluto rendere omaggio a Fabio Casartelli a quasi 30 anni dalla sua scomparsa. Per la terza tappa la corsa rosa riservata agli under 23 è partita da Albese con Cassano, paese natale del campione olimpico di Barcellona 1992, richiamando tanti appassionati che si sono radunati intorno alla stele commemorativa. Mentre sul palco si succedevano quelli che saranno i talenti del foturo Rosa e Sergio Casartelli li osservavano in silenzio, con un groppo in gola e tanta nostalgia. "Tanti anni fa ci portavamo nostro figlio ed era sempre una grande festa" ci dicono appena ci identifichiamo come giornalisti.
Quella di Fabio Casartelli è una storia scolpita nella mente di chi quel tragico 18 luglio 1995 era attaccato al televisore, ma anche di chi ancora non era nato, è un racconto tramandato ricco di tristezza che ci ricorda come il ciclismo sia uno sport stupendo, ma che può anche fare male. Rosa e Sergio quel giorno lo hanno stampato nella loro mente e anche se è passato tanto tempo è ancora lì ancorato, impossibile da allontanare quasi come il loro caro figlio fosse ancora con loro. Eravamo partiti con una semplice battuta al volo da corredare alla cronaca della tappa, ma presto si è trasformato in un racconto fiume che ci ha fatto vivere prima l'uomo dell'atleta. «L'omaggio del Giro Next Gen è stato molto emozionante, è bello vedere che molti ancora si ricordano di lui e tramandano la sua storia anche ai piccoli, tutti gli hanno reso omaggio. Fabio era veramente un ragazzo unico e speciale, ha sempre amato il ciclismo e una volta ottenuto il diploma ci ha chiesto di poter continuare la carriera per due anni, tentare di inseguire il suo sogno. Sinceramente noi all'inizio non eravamo d'accordo, speravamo che facesse l'università, ma lo abbiamo sostenuto in tutte le sue scelte. Poi è arrivata la vittoria alle Olimpiadi è stata una gioia grandissima che ci ha reso veramente orgogliosi, quella era proprio la sua strada. " racconta Rosa a tuttobiciweb, è lei la più espansiva quando si tratta di parlare con il cuore, Sergio invece si ricorda molto bene di quando Fabio ha incominciato, una passione che lui stesso gli ha passato e a cui si è legato per tutta la vita.
Dai signori Casartelli è un pellegrinaggio continuo per i saluti, diversi membri dello staff delle squadre, i direttori sportivi, in molti lo hanno conosciuto, tanti addirittura hanno corso con lui e non l'hanno mai dimenticato come Marco Milesi, il diesse della Biesse Carriera «Nostro figlio è stato sempre ben voluto perchè era buono con tutti, forse addirittura troppo e in alcuni casi ne pagava le conseguenze. Ha sempre fatto tanto per i suoi compagni di squadra - proseguono Rosa e Sergio- in particolare nel gp Capodarco del 1992 lasciò la vittoria proprio a Marco, correvano insieme alla Cosmos e quando a nostro figlio chiesero il perchè di quel gesto rispose con cuore e con onestà: io ho già il contratto come professionista, grazie a questa vittoria Marco lo avrà anche lui. Era fatto così e tutti gli volevano bene.»
Ogni anno il 18 luglio la famiglia Casartelli si reca nel luogo dove ha perso la vita il figlio e gli rendono omaggio, è una specie di piccola ceromonia a cui partecipano tanti tifosi italiani e francesiche ancora lo portano nel cuore. Rosa e Sergio vengono sempre accolti con tanta ammirazione, un abbraccio grande che sicuramente non potrà colmare la loro perdita, ma il segno di un ricordo vivo. Le avventure di Fabio continuano nei ricordi, anche in ragazzi impegnati al Giro Next Gen che lo riconoscono come uno dei grandi. «A tutti questi giovani ragazzi dico di continuare a credere nei propri sogni, il ciclismo è uno sport che insegna molto, ma la cosa più importante è scegliere di fare ciò che si ama, mai essere obbligati dagli altri o limitati - ci dice infine Rosa - per andare in bici serve tanta passione e determinazione, mio figlio Fabio aveva proprio tutto questo, lui cadeva e si rialzava sempre perchè sapeva che non poteva fermarsi. Mi ricordo quando si fratturò le vertebre a causa di un insidente, c'era il rischio che smettesse di correre, ma lui non ne voleva sapere, è andato dritto per la sua strada facendo tanti sacrifici ma raggiungendo il sogno di vincere le Olimpiadi»
Photo by Carlo Monguzzi
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