
Bruce William Biddle è stato il primo, antesignano “KIWI” - così sono indicati confidenzialmente gli originari della Nuova Zelanda, dal nome del frutto, conosciuto in tempi relativamente recenti, d’origine cinese che ha trovato fertile terreno nell’isola oceanica. Il “kiwi” riprende il nome di un uccello, simile a una gallina, presente solo nella Nuova Zelanda - a praticare il ciclismo professionalmente in Italia.
E qui da allora, ha posto le basi della sua vita, in Toscana, a Vicarello precisamente, frazione del comune di Collesalvetti, a nord della provincia di Livorno.
Dagli antipodi, dove è nato il 2 novembre 1948 a Warkworth per poi trasferirsi nella importante città di Auckland, alla provincia labronica con un percorso assai movimentato e toccando varie parti del mondo.
La passione per le due ruote gli è nata frequentando da ragazzino la bottega di un importatore di bici, Doue Hills il suo nome, guardando bici con speciale attrazione per le riviste fotografiche belghe e francesi soprattutto delle due ruote, in particolare Miroir du Cyclisme che lo fanno sognare. E inizia a gareggiare nelle categorie giovanili dimostrando una buona propensione tecnica accompagnata da corrispondente passione per le due ruote. Si propone al professionismo dopo essersi costruito, con costanza e perseveranza, un ottimo palmarès fra i dilettanti
Ha partecipato, vincendo l’oro, ai Giochi del Commonwealth nella prova su strada, a Edimburgo, in Scozia, nel 1970 dopo essersi impossessato l’anno precedente, il 1969, del titolo nazionale della Nuova Zelanda. E si ferma nel Regno Unito, sbarcando il lunario con ogni mestiere, anche lavapiatti, pur di potere gareggiare in Inghilterra e, attraversata la Manica, in Belgio, ricordando le storie e le immagini delle riviste che gli avevano colpito la fantasia ad Auckland. Suo compagno d’avventure di vita e pedalate era Bill Horner.
Ricorda le dure gare tanto in voga all’epoca specialmente nelle Fiandre, le famose gare “à la musette”, che prendevano il nome del sacchetto rifornimento che costituiva l’ingaggio e i premi si dovevano conquistare sui saliscendi in pavé, con percorsi tracciati nei cuore dei centri abitati, su e giù con curve per cuori e garretti forti, con vere e proprie battaglie ciclistiche all’ultimo respiro. Negli anni seguenti, con andirivieni fra Inghilterra, Belgio e Sud Africa, sovente accompagnato dall’amico collega e pure lui connazionale Bennet White, in differenti condizioni di clima e costumi, con il corridore australiano Tom Malony che li spinge a correre anche in Sudafrica dove incontrano Gianni Bizzi, industriale nel settore della fabbricazione di bottoni. Qui hanno l’opportunità di conoscere il francese Michel Rousseau, grande pistard, possente velocista parigino (1936-2016). Il biondo francese vince la medaglia d’oro della velocità alle Olimpiadi di Melbourne 1956 battendo il bergamasco Guglielmo Pesenti. Rousseau conquistò l’iride nella velocità puri anche nel 1957 prima di passare fra i “prof” imponendosi nel mondiale della velocità nella sua Parigi ed ebbe una carriera di rilievo. In Sudafrica lavorava quale conducente di pullman, comunque realizzato e felice, come ricorda Bruce Biddle.
Riprendiamo, per sommi capi, il procedere della sua carriera con successi in varie competizioni internazionali e, in primo piano, il 4^ posto nella prova individuale su strada alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Ha vinto anche il G.P. La Torre, in Toscana, nel 1973 si impone nel classico Piccolo Giro dio Lombardia e nel Giro delle Valli Aretine.
Nel frattempo, Bazel Cowen e Gianni Bizzi, da parte loro, avevano segnalato il giovane Bruce a due figure di primo rilievo del settore delle bici quali i toscani, ma con base operativa a Milano, Cino Cinelli e Faliero Masi. I due amici si muovono da par loro con la estesa rete di conoscenze e relazioni nell’ambito delle due ruote, in Italia e all’estero. E lo indicano a Ivo Faltoni, appassionato di ciclismo con negozio a Cortona.
E Bruce Biddle è piazzato da Faltoni alla Fracor di Levane, squadra di primo piano dell’aretino diretta da Ezio Mannucci. L’esordio nel professionismo avviene con la Magniflex di Prato, guidata dall’ammiraglia dal bolognese Primo Franchini, nel 1974 e qui resta anche l’anno seguente.
Nel 1976 si accasa alla Bonetto-Cuneo, formazione di taglio familiare mentre nel 1977 è con la maglia della Sanson, squadra ambiziosa, nel 1978 è nella Gis Gelati di patron Pietro Scibilia, forte squadra con base in Abruzzo. In quell’anno subisce un grave incidente in bicicletta che gli causa numerose fratture.
Nel 1979 risale in sella con la maglia della Mecap-Selle Italia guidata da Dino Zandegù ma i risultati scarsi e le sofferenze per pedalare in gruppo lo determinano ad abbandonare la carriera. Una carriera dignitosa con notevoli soddisfazioni soprattutto negli anni giovanili.
Intanto si è sposato con Daniela Chellini a Vicarello, località con un’ultracentenaria società ciclistica, la U.s. Vicarello 1919, dove hanno militato diversi personaggi del ciclismo toscano, come ricordato nell’allegato link nel bell’articolo di una firma di primo piano come Marco Pastonesi.
Problemi burocratici relativi alla cittadinanza condizionano negativamente le opzioni di lavoro e d’intraprendere di Bruce Biddle che si adatta a lavori nell’edilizia, poi un piccolo negozio di bici e commercio nel settore con la città di Auckland. Un periodo duro ma superato con forza di volontà, inserito nella comunità di Vicarello.
Poi trova impiego stabile quale magazziniere in una grande cantina che commercia vari tipi di vino all’ingrosso, anche a livello internazionale, lì vicino a casa dove lavora con soddisfazione per una ventina d’anni, fino alla pensione.
Dal matrimonio sono nati Francesco, 42 anni, che abita a Roma con i figli Lucrezia e Eduardo mentre la figlia, Eleonora, 35 anni, abita in zona e nonno Bruce è sovente impegnato nella cura delle nipoti Melody, 7 anni e la piccola Evelyne di 3 anni.
Vive una maturità serena e frequenta ancora l’ambiente delle corse toscane dove vanta molti amici conosciuti nella sua giovinezza sui pedali, gravosa per certi versi logistici, ma appagante per la passione e l’opportunità d’avere dato vita ai suoi sogni in bicicletta.
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