Accadrà alla prossima Milano-Sanremo, il 18 marzo 2023. A Masone, lungo la strada della Classicissima di primavera. Quella piazza che non è una piazza e neppure un piazzale, che non è uno spiazzo e neppure uno slargo, ma molto moltissimo di più, sarà intitolata a Candido Cannavò. E’, dalla fine del Novecento, un luogo di ritrovo diventato appuntamento per chi segue – o anticipa, come in questo caso – corsa e corridori. Panini con prosciutto o mortadella (all’inizio), risotto (dall’anno del centenario della “Gazzetta dello Sport”: 1996), fagioli con cipolle, vini bianchi o rossi locali doc, acqua ma solo su gentile richiesta, perfino qualche dolce a chilometraggio limitatissimo (baci di dama, canestrelli...) e il caffè. Nel nome del ciclismo. E dell’amicizia.
L’idea fu di Gigi Belcredi, “l’Auriga”, l’autista prima di Luigi Gianoli, poi di Claudio Gregori, tanto per citare due degli inviati della “Gazzetta dello Sport”, ma anche di Cannavò. Il Direttore trascorreva rari giorni di vacanza nell’Oltrepò Pavese e Gigi lo accompagnava, lo scortava, lo guidava, a volte lo recuperava da tranquille pedalate per evitargli l’erta salita finale verso casa. Quando Gigi e la sua banda di amici e complici di Montalto Pavese organizzarono la festa lungo il percorso della Milano-Sanremo, Cannavò li appoggiò e, fermandosi, onorò e valorizzò la sosta volante.
Grazie a contributi e collaborazioni, patrocini e autorizzazioni, sabato 18 marzo sarà così scoperta una targa inneggiante a SuperCandido, che – tra l’altro - già gode di una piazza a Castellania, sui colli tortonesi, terre di Fausto Coppi, di una palestra a Bovezzo, nella Val Trompia, nel Bresciano, e di un centro sportivo all’Idroscalo di Milano. Modestamente, aver fatto parte della sua squadra, nel giornale, nell’ufficio centrale e poi in una ristrettissima sezione battezzata “a disposizione del direttore”, nel gruppo al Giro d’Italia, è stato un privilegio raro, una fortuna incalcolabile, una scuola preziosa, perfino un divertimento insperato.
Ma non c’è solo Cannavò. Strada facendo, l’Italia si è ricordata di altri giornalisti della Rosea. Come Bruno Raschi, il Divino, cui il Comune della natia Borgo Val di Taro aveva dedicato una via e il Comune di Pontremoli il piazzale della stazione ferroviaria (lì vicino, a Grondola, il padre di Bruno, frenatore delle Ferrovie dello Stato, fu scaraventato fuori da un vagone da tre persone senza biglietto) e una targa commemorativa (che è stata vandalizzata). E come Daniele Redaelli, caporedattore delle Varie (dall’atletica al nuoto, dal basket alla pallavolo, dal rugby agli sport olimpici, con una particolare passione per il pugilato), cui il Comune di Sequals ha intitolato una piazza davanti alla villa di Primo Carnera. Oltre all’appartenenza alla “Gazzetta dello Sport”, Raschi, Cannavò e Redaelli erano uniti dal giornalismo inteso come compito, impegno, dovere morale ed etico. Quei tre erano in missione per conto dello sport. Un passato prossimo, ma già remoto.
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