SIMONE CARRO': «NELLE GARE ALL’ESTERO PIU’ INDIVIDUALITA’, FANTASIA E SFIDE»

INTERVISTA | 21/05/2022 | 08:05
di Luca Galimberti

Simone Carrò ha ventuno anni, vive ad Acqui Terme e recentemente è salito sul podio del G.P. Azores, una breve corsa a tappe per la categoria U23 organizzata alle Isole Azzorre che il corridore alessandrino ha disputato con i compagni di Aries Cycling Team, la Società per cui è tesserato da quest’anno.


Salito in sella ad una bici da corsa da “G6”, Simone ha scoperto il ciclismo quasi casualmente e se ne è appassionato tanto da dedicare alla bicicletta buona parte del suo tempo. Corridore completo e combattivo Carrò in febbraio ha terminato al settimo posto la Firenze – Empoli e al G.P. Azores ha ottenuto un podio di tappa, un piazzamento nei dieci e il terzo posto nella classifica finale. 


Raggiunto telefonicamente il ragazzo piemontese ha raccontato a tuttobiciweb la sua esperienza e le sue emozioni dandoci anche la sua visione sulle maggiori differenze tra gare disputate all’estero e corse in Italia.

Simone, iniziamo dalla corsa atlantica. Soddisfatto di come è andata?

«I tre giorni di corsa nelle Azzorre sono stati una grande esperienza. Salire sul podio di una gara a tappe è molto bello anche se, onestamente, visto come sono andate le prime due tappe, avevo fatto un pensierino alla vittoria finale. Senza la foratura nell’ultima tappa magari le cose si sarebbero concluse meglio».

Parliamo del percorso.

«Un continuo su e giù. E quando pedalavamo in pianura a metterci alla prova ci pensava il vento».

E degli avversari.

«Oltre a noi della Aries c’erano squadre portoghesi e spagnole. Tra gli atleti anche inglesi e colombiani».

Prima del GP Azores avevi già corso fuori dai confini italiani?

«Da Juniores ho fatto un paio di corse con la Rappresentativa del Piemonte in Francia. Quest’anno con la squadra ho corso già diverse volte oltralpe (Francia e Svizzera,ndr) e appunto nelle Azzorre. I prossimi appuntamenti importanti all’estero saranno invece la Vuelta a Comunidad de Madrid a luglio e il Tour de Moselle a settembre in Francia.

Con Aries si pedala tanto fuori dai confini nazionali quindi?

«Abbiamo diverse opportunità, sì. Questa cosa mi ha colpito molto, la dirigenza e lo staff ci stanno dando la possibilità di fare molta esperienza: correre all’estero, affrontare nuovi percorsi e nuovi avversari sicuramente aiuta a crescere. Dobbiamo ringraziare il presidente Zanetta che, in pochi anni, ha creato e fatto fare grandi passi avanti al progetto Aries coinvolgendo persone appassionate e competenti, tra cui Giampaolo Cheula (Ex professionista ed attuale tecnico della Drone Hopper Androni, ndr )  che supporta il team con la sua esperienza e i suoi consigli».

Hai notato differenze tra il modo di correre italiano e quanto succede all’estero?

«Decisamente. All’estero si va forte fin dai primi chilometri, in Italia non succede sempre così, spesso la corsa ci mette un po’ ad accendersi. Nelle gare all’estero mi sembra poi emergano di più le individualità, c’è una sorta di sfida tra i più forti. In Italia si fa molto affidamento sulle squadre ed è evidente che questo condizioni la tattica di gara. Nelle tre tappe alle Azzorre solo una squadra che ha corso un po’ come succede da noi: la LA Aluminios, team portoghese dove corre João Medeiros, il vincitore dell’ultima tappa che mi ha anticipato in classifica Generale».

In apertura ti abbiamo descritto come corridore completo ma hai delle gare che preferisci, corse in cui vorresti essere protagonista?

«Non ho una corsa preferita, cerco sempre di dare il massimo ogni volta che attacco il numero sulla schiena».

Obiettivi da qui a fine stagione?

«Ottenere almeno una vittoria».

A questo punto la domanda è d’obbligo: sogni una vittoria in Italia o all’estero?

«L’importante è riuscire a vincere, farlo in Italia sarebbe più emozionante».

 

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