MICHELE BARTOLI, UN TALENTO SBOCCIATO IN MAGLIA FANINI

PROFESSIONISTI | 07/05/2021 | 08:10
di Valter Nieri

Cordiale, riservato ed anche un po' timido ma in corsa dotato di classe cristallina, grande intelligenza e una grinta speciale. Michele Bartoli è stato un vero e proprio Re delle classiche, perchè nelle Fiandre ed in Vallonia esaltava le sue qualità: i suoi scatti su quelle colline sono rimasti nella storia.
Pisano di nascita ma montecarlese di adozione, Michele Bartoli già all'età di sei anni scelse la bicicletta come gioco più desiderato per primeggiare. Fu lanciato dalle squadre Fanini, un nome che rappresentava una vera e propria fabbrica di giovani promesse. Michele già da bambino nelle categorie giovanissimi vinceva tantissimo, in maglia Fanini Alan e Fanini-Berti.
«Non dimentico niente delle mie origini ciclistiche e conservo bellissimi ricordi di una carriera che, pur con qualche infortunio di troppo, mi ha dato grandi soddisfazioni. Fui lanciato da Fanini e ne sono orgoglioso. A quei tempi a Segromigno c'era un grande movimento giovanile e di qualità. Era il desiderio di un po' tutti i ragazzi della Toscana entrare a far parte di questo Team che dava sicurezza e incentivi».
Ci può raccontare un aneddoto?
«A fine stagione il presidente Ivano Fanini, elogiando i miei successi, mi omaggiava con 50-100 mila lire. A dirlo ora è una cifra modesta, ma da ragazzi si apprezzava molto quel gesto ed i soldi, lo sappiamo, a quei tempi scarseggiavano. Il fatto che Fanini sia ancora patron di una squadra professionistica a distanza di tanti anni, sta a dimostrare le sue capacità di gestione».
Pochi giorni fa abbiamo ricordato Lorenzo Fanini, il patriarca della famiglia Fanini.
«Il capostipite dei Fanini - risponde prontamente il Leoncino delle Fiandre - era una persona eccezionale. Soprattutto ricordo un episodio divertente. Ogni tanto mi diceva: "Bimbo, toccami i capelli sotto il cappellino da corsa, ti porterà fortuna. Lo facevo e sentivo un codino arrotolato per camuffare la calvizie. Era ironico e voleva bene a tutti gli atleti: ci considerava i suoi ragazzi. A Ivano Fanini sono legato con affetto perchè si può dire che tutta la mia famiglia ha corso nelle sue squadre. Mio fratello Mauro dopo l'esordio da professionista nel 99 con la Riso Scotti, nel 2000 passò a correre per l'Amore & Vita-Beretta. Mio cugino Claudio esordì professionista sempre con Amore & Vita-Beretta nel 2005. Anche mio padre Graziano ha indossato i colori Fanini nella carriera cicloamatoriale».
Correndo da juniores con la Montecarlo-Fanini, Bartoli fu allenato dal decano dei D.S., da quel Ferruccio Ciuffardi che ha avuto pochi eguali nel saper valorizzare i giovani ciclisti della società grigiorossa. Un incontro molto importante per lui perchè conobbe Alessandra, proprio la figlia del D.S., divenuta successivamente sua moglie e dalla loro unione sono nati Clarissa e Gianni. A suon di vittorie nel 1992 passò professionista con la Mercatone Uno.
«Feci il salto di categoria all'età di 22 anni. A quei tempi per passare professionista c’era una meritocrazia: servivano 40-50 punti guadagnati nelle corse internazionali per avere la promozione. Non era come ora quando basta riscuotere la fiducia di una squadra».
Nelle classiche di un giorno il curriculum di Michele Bartoli è fra i più prestigiosi nella storia del ciclismo. Cinque classiche Monumento: Liegi Bastogne Liegi (97 e 98), 2 Giri di Lombardia (2002-2003), 1 Giro delle Fiandre (96). Altre classiche importanti come la Freccia Vallone (99), l'Amstel Gold Race (2002), il Campionato di Zurigo (98). Poi il campionato italiano (2000) e soprattutto 2 Coppe del Mondo (97 e 98).
«Mi è sfuggito per poco il titolo mondiale, sono salito sul terzo gradino del podio a Lugano nel ’96 e Valkenburg nel ’98. Devo ammettere che in squadra c'erano diverse rivalità. Troppi galli nel pollaio come si suol dire, non portano a niente. A Plovay nel 2000 ero il grande favorito ed avrei potuto vincere se nel finale la nazionale avesse lavorato meglio. Fui beffato dal lettone Vaisteins. Però sono soddisfatto delle due coppe del mondo perchè tengono conto dei risultati dell'intera annata. Purtroppo devo dire che l'attuale World Tournon ha il fascino della vecchia Coppa del Mondo»
E ancora: «Ho avuto tanti sostenitori e clubs sparsi in Belgio (la mia seconda patria) e Italia. Il primo fu costituito in zona Le Piastre, in provincia di Pistoia. Fra i più vicini alla mia zona di origine il Club San Giovanni alla Vena presieduto da Roberto Cecchi ed il club Montecarlo con presidente Tiziano Stefanini. Conservo tanti ricordi di questi tifosi che ho rivisto nel tempo. A volte ci siamo incontrati a Montecarlo di Lucca dove abito. In altre occasioni ci siamo rivisti alla Freccia Vallone oppure al Giro delle Fiandre, quando sono stato invitato dagli organizzatori come testimonial».
Michele Bartoli ha vinto tanto ma ha dovuto fare i conti con due seri infortuni. Il primo al Giro di Germania del 1999 quando si fratturò la rotula del ginocchio destro e il secondo al Giro d'Italia del 2002 quando cadendo si fratturò il bacino.
«Sicuramente il mio più grande rimpianto è la Parigi Roubaix che purtroppo si correva a ridosso della Freccia Vallone. Tutti mi indicavano che ero più tagliato per le corse in Vallonia, ma, quando partecipai alla Parigi-Roubaix per la prima ed unica volta nel 2004, l'ultimo anno della mia carriera, ero in fuga in un gruppetto di sei fra cui Museeuw. Mi trovavo a mio agio ed anche il pavè non mi era pesato. Forai a pochi chilometri dal traguardo perdendo irrimediabilmente contatto. Vinse lo svedese Magnus Backstedt ed io giunsi ventunesimo. In quel momento ho capito che avrei dovuto correre quella classica più spesso, ma ormai era troppo tardi».
Tantissimi i campioni che nel corso degli anni hanno vestito la maglia ciclistica Fanini, ma nessuno è riuscito a salire in alto come Michele Bartoli che merita un posto speciale nel cuore di Ivano Fanini.
«Un campione - dice patron Fanini - dentro e fuori le corse che ha firmato imprese memorabili. L'ho conosciuto da bambino, intuendo che aveva i numeri per arrivare lontano e lo ringrazio per aver dato lustro alla storia della mia società ciclistica che vanterà per sempre l'onore di aver lanciato uno dei talenti più puri del ciclismo mondiale. Ripercorrendo i ricordi della sua carriera, proprio in questi giorni sono stato ispirato nell'aggiungere un quadro al mio archivio fotografico: quello che ritrae il podio della Coppa del Mondo 1997. Pensate: primo Michele Bartoli, secondo Rolf Sorensen, terzo Andrea Tafi. Tutti e tre lanciati dal mio Team per il quale hanno corso e vinto. Queste sono soddisfazioni che ripagano di tanti sacrifici e di tanta passione».
Per concludere torniamo a Bartoli: quali sono state la più bella da dilettante e la più bella da professionista?
«Da dilettante, a parte i successi nel Trofeo delle Regioni, direi il G.P. di Loano. Una corsa bellissima alla quale partecipavano tutti i migliori. Correvo per il Bottegone, vinsi allo sprint ed a lanciarmi la volata fu Luca Scinto che è stato per anni mio collega di fiducia in diverse squadre. Da professionista direi l'Amstel Gold Race del 2002 perchè tornai al successo in una gara di Coppa del Mondo con i colori della Fassa Bortolo dopo il brutto incidente al Giro d'Italia. Quel successo a Maastricht nei Paesi Bassi mi tolse ogni paura ed ogni incubo».
Attualmente l'ex ciclista gestisce la Michele Bartoli Academy a Montecarlo di Lucca. Assieme a lui in società ci sono sua moglie Alessandra Ciuffardi, suo fratello Mauro e Roberto Cecchi, già presidente del club in suo nome con sede a San Giovanni alla Vena. Una scuola per trasmettere l’esperienza di Michele ai giovani. Ora le sue vittorie le insegue nel costruire nuovi campioni, che abbiano la sua stessa passione e voglia di primeggiare.


da La Gazzetta di Lucca


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COMMENTI
che campione...
7 maggio 2021 16:50 umbertomaserati
Che campione...che storia. Bartoli era indiscutibilmente il n.1 per le classiche dell'epoca. e secondo me anche oggi non ce ne sono molti come lui. Inoltre, avrebbe meritato almeno un mondiale, molto più di tanti altri....peccato per quello, ma non sempre vince il più forte... Comunque era un vero fenomeno, perfetto in bicicletta e bello da vedere.
Complimenti anche a Fanini perché leggendo tutte queste storie, si capisce che è proprio un pezzo di "storia" del ciclismo mondiale. Bravo!

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