IL RICORDO. CELESTINO VERCELLI, IL GREGARIO PROTAGONISTA

STORIA | 27/11/2020 | 11:24
di Marco Pastonesi

Teneva il piede in due scarpe. Anzi, teneva i due piedi in quattro scarpe. Quelle da corridore e quelle da artigiano. Quelle da corridore erano passione, fatica, salita, quelle da artigiano erano professione, ricerca, precisione. Quelle da corridore, personali, e quelle da artigiano, familiari. Quelle da corridore, ciclismo, e quelle da artigiano, lavoro e montagna. Finché, sceso dalla bicicletta, si dedicò alle scarpe da ciclismo, si trasformò da artigiano a industriale, si elevò da gregario a campione. Vittoria, il nome dell’azienda, è da campioni.


Celestino Vercelli è morto ieri mattina. Probabilmente senza scarpe. Per l’ultimo viaggio non ce n’è bisogno. Di strada, a forza di pedali e idee, ne aveva fatta più dei suoi capitani. Aveva 74 anni. Piemontese nel cognome e nel luogo, Soriso, la prima bici a 15 anni, la prima corsa poco dopo, la prima caduta subito nella prima corsa, la prima vittoria un anno dopo. “I primi quattro anni, allievo e junior, correvo e lavoravo – raccontava -. Ma da dilettante sarebbe stato impossibile. Così trovai una squadra, la Vallese, che raddoppiava i premi vinti in gara. Se andavo male, zero, ma se mi piazzavo tra i primi 15, soldi. In più una bici, Godio di Borgomanero, una maglia di lana, biglietti di viaggio in Italia e all’estero”. Bei ricordi: il Gran premio del Rosso a Montecatini, conquistato a braccia alzate, la Coppa mobilio a Ponsacco, vinta a cronometro, e la Berlino-Praga, corsa in maglia azzurra. Poi 10 anni, quelli di Gimondi e Merckx, Moser e Baronchelli, da professionista.


Gregario, ma protagonista. Il passaggio: “Non esistevano manager, agenti, procuratori. Ci si arrangiava da soli”. Lo stipendio: “Il primo era di 80mila lire al mese, più di quello che prendeva un operaio, ed era il confronto che si faceva sempre”. I compiti: “All’inizio accompagnare i capitani fino ai piedi della salita. Poi anche in salita”. I segreti: “Spingerli o trainarli. Allora si poteva”. I capitani: “Motta e Schiavon, il primo anno, alla Sanson. Ritter e Reybroek, il secondo anno, alla Germanvox. Poi da Balmamion a Dancelli, da Bitossi a Paolini, da Panizza a Baronchelli alla Scic. L’ultimo anno alla Intercontinentale, ma ormai il meglio lo avevo dato”. Le corse: “Sette Giri d’Italia e due Tour de France, tutti e nove finiti”. Le vittorie: “Una, nel Circuito di Valdengo, quello di casa”. Le altre vittorie: “Ogni volta che un mio capitano vinceva, era come se un po’ di me avesse tagliato il traguardo per primo, come se un po’ di me avesse ricevuto il bacio della miss, come se un po’ di me avesse lanciato il mazzo di fiori agli spettatori”. Un po’ di lui.

L’altro po’, l’altro bel po’, solo nelle rare giornate di libertà. Quella cronometro alla Tirreno-Adriatico del 1969: “Il mio primo anno, terzo dietro ad Adorni e Bitossi”. Quel prologo al Giro di Svizzera del 1972: “Cronosquadre, secondi con la Scic dietro agli olandesi”. Quella Coppa Sabatini del 1975: “Secondo dietro a Battaglin ma davanti a Gavazzi”. Quella Milano-Sanremo del 1969: “Duecento chilometri di fuga, nata poco dopo la partenza”. Quel Tour de France del 1971: “Tutto a Mulhouse. Il sabato la cronosquadre, prima la Molteni di Merckx, noni noi della Scic. La domenica tre tappe: la prima vinta da Leman, la seconda da Karstens, la terza da Van Vlieberghe, e Merckx in maglia gialla. C’erano anche le salite. E i distacchi. Quando siamo partiti per la terza tappa della giornata, alcuni corridori non avevano ancora finito la seconda”. Quella tappa al Tour de France del 1971: “La famosa Orcières Merlette-Marsiglia, quando Merckx e la sua squadra attaccarono al pronti-via per riprendersi quello che nella tappa precedente Ocaña aveva preso a Merckx. Il gruppo si spezzò, io ero davanti, si andava così forte e faceva così caldo che il mastice si scioglieva e i tubolari si staccavano dai cerchioni. Successe anche a me. E tutto il giorno, nelle orecchie, il frinire delle cicale”. Quel Giro del Veneto del 1972: “In fuga, venni ripreso a due chilometri dall’arrivo. Ma mi impegnani per tirare la volata a Paolini. Vinse. E fu un’enorme soddisfazione”. Quel Giro della provincia di Reggio Calabria del 1972: “In fuga con Crepaldi. A 10 chilometri dall’arrivo Ottavio andò in crisi. Da solo non resistetti al ritorno del gruppo. E fui ripreso”.

Nel gruppo, Vercelli svettava: “Un metro e 87. Ce n’era uno solo più alto di me: Vandenbossche”. Avrebbe svettato anche dopo, Celestino. Certe fatiche, anche da secondo o terzo, ma anche da ultimo, valgono per la vita.

Copyright © TBW
COMMENTI
Un vero signore
27 novembre 2020 13:57 vecchiobrocco
Un piacere averlo conosciuto, un gentiluomo e le sue scarpe sono favolose

Hai dimenticato i tuoi dati, clicca qui.
Se non sei registrato clicca qui.
TBRADIO

00:00
00:00
La notizia è stata data dai profili social della Ef Education Easypost, Esteban Chaves si ritira dal mondo del professionismo. Nessuna dichiarazione, un carosello fotografico e un video trailer di un documentario a lui dedicato che lascia andare tutte le...


Si è svolta oggi a Milano una riunione indetta dall’Union Européenne de Cyclisme (UEC) con l’obiettivo di favorire il dialogo tra le Federazioni Nazionali e l’UCI. L’incontro, organizzato dalla UEC, convocato nel pieno rispetto dei propri statuti, e coordinato dal...


Elia Viviani ha salutato il ciclismo alla Sei Giorni di Gand, davanti a un Kuipke gremito di gente: al suo ingresso in pista, il veneto ha ricevuto una standing ovation da tutto il pubblico e questo per lui è stato...


Si avvicina l'appuntamento con La Notte degli Oscar, che segna la conclusione ideale della stagione 2025 e traghetta verso una nuova avventura. Di scena ci saranno, come sempre, i migliori atleti dell'anno in ogni categoria: ve ne presentiamo uno al...


La Unibet Rose Rockets non vuole lasciare nulla al caso e per far sì che la prossima stagione sia ancora più ricca di vittorie e inviti a corse di primissimo piano ha deciso di affidarsi per il 2026 a...


C’è tanta storia nella Bologna-Raticosa una delle corse più anziane del calendario italiano dei dilettanti. Nasce nel 1931 e muore nel 2013. A promuoverla fu il Velo Sport Reno 1908 presieduto da Zoni che in un secondo tempo passò nelle...


È un appuntamento che racconta il ciclismo veronese da ben trentuno anni: quella che vedete è la copertina dell’almanacco 2025 del ciclismo veronese edizione numero 31. Racconta l'autore Luciano Purgato: «Quest’anno abbiamo voluto premiare la tenacia di Debora Silvestri (Laboral Kutxa...


Manca un mese al Natale e forse non sarebbe male prendere in considerazione qualche idea per un regalo o semplicemente per emanare un poi di sportivo natalizio nelle prossime giornate. Da Nabico, ottimi interpreti del 100% Made in Italy, arrivano nastri...


“I coperchini. Anche qui il nome è locale. Sono i tappi a corona delle bibite, detti anche tappini o tollini a Milano, grette a Genova, fino a un misterioso sinàlcol a Parma, ma chissà in quanti altri modi li avranno...


Dopo la drammatica caduta al Giro di Polonia dalla quale per fortuna si è ristabilito dopo le non poche apprensioni tornando a salire nuovamente in bicicletta, non poteva che essere assegnato a Filippo Baroncini il 21° Premio Coraggio e Avanti,...


TBRADIO

-

00:00
00:00





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi La Vuelta 2024