GIRO D'ITALIA | 22/05/2018 | 07:19 Il Corriere della Sera titolò così: Dopo il record dell’ora, un’ora da record. Il giorno prima, il 10 giugno, Francesco Moser era uscito in bici la mattina presto, assieme a Palmiro Masciarelli. Erano andati in ricognizione sui 42 chilometri della cronometro, gli ultimi chilometri di quel Giro d’Italia del 1984. Erano partiti da Soave, sarebbero arrivati a Verona. Era un caldo asfissiante. Masciarelli con la bici futurista, non diversa da quella che il capitano aveva usato cinque mesi prima per fare il record dell’ora, a Città del Messico, strappandolo a Merckx il cannibale. Moser invece aveva una bici normale, con le ruote lenticolari che pure aveva giurato di non usare mai più dopo il cronoprologo di Lucca. A metà strada Francesco chiese a Palmiro di scambiarsi le bici. E si rese immediatamente conto che non c’era confronto: la bici futurista era molto più veloce, avrebbe usato quella per l’ultima tappa della sua fatica.
A pranzo mangiò riso, formaggio, frutta e dolce prima di affidarsi alle mani di Gamberini, il massaggiatore. Dopo fece ancora due ore di riscaldamento prima del via. Sarebbe partito prima del giovane Laurent Fignon, che aveva la maglia rosa e un vantaggio di 81 secondi in classifica. Troppi, evidentemente. A meno di non essere assolutamente perfetti. Qualcosa che Moser sapeva fare, se voleva.
Il percorso era un fiume di gente, Moser si tuffò lì in mezzo, disteso sul suo pezzo di futuro, potente, inesorabile, e non fece altro che pedalare. Correva quasi sdraiato sulla bici, per esporre all’aria la minima superficie di corpo possibile. Quando prese il via Fignon, si cominciò a intuire l’impresa: il francese era scomposto, agitato, alla ricerca del ritmo.
I Moser club avevano fissato punti di controllo su tutto il percorso. Auto con microfoni e radiotelefoni urlavano a Francesco i tempi, e il resto glielo diceva suo fratello dall’ammiraglia. Dopo 12 chilometri Moser aveva già 31 secondi di vantaggio, a metà percorso ne aveva 56. Al traguardo, dentro l’Arena, un boato accompagnava gli annunci dello speaker. A 15 chilometri dal traguardo, il boato fu un’apoteosi: Moser viaggiava con 1 minuto e 32 secondi di vantaggio, idealmente in maglia rosa. Tagliò il traguardo e guardò la sua media, 50,977, se non era perfezione ci mancava davvero poco. Rimase sul palco a fissare gli ultimi metri della crono di Fignon, e quando capì per poco non pianse. Il francese aveva pedalato per 2 minuti e 24 secondi più di lui, il distacco era colmato.
Moser aveva quasi trentatrè anni, era l’undicesima volta che correva il Giro d’Italia, e due volte era arrivato amaramente secondo: roba da convincersi che non era la sua corsa. Poi era arrivata quella crono, piatta, liscia, senza un filo di vento. Un gioco da ragazzi per uno che pedalava nel futuro.
Fra la folla di Verona, quel giorno di giugno, c’era anche un bambino di sei anni, con la sua famiglia. Ventisei anni dopo quel bambino avrebbe vinto esattamente lì il suo secondo Giro d’Italia. Si chiamava Ivan Basso.
Oggi si corre l’ultima crono del Giro numero 101. Non è l’ultima tappa, ma è forse l’ultima occasione per gli specialisti contro il tempo. Si va da Trento a Rovereto, una crono piatta, come quella del Giro di Moser. Nato a venti chilometri da dove oggi ripartirà il Giro.
E all'epoca non si usava piangere per qualsiasi stupidaggine,come invece va di moda oggi,soprattutto davanti alle telecamere.Ricordo benissimo quell'arrivo;Moser osservò gli ultimi km di Fignon seduto accanto a De Zan,nella postazione Rai;era tranquillissimo,e non lasciò intravedere alcuna commozione.Signorina Giardini,mi consenta una domanda:perchè,per scrivere un articolo,deve sempre inventare le cose?
ma dai pickett...
22 maggio 2018 19:56canepari
quella usata dalla signorina Giardini è una "licenza poetica". Dicendo "per poco non pianse" è chiaro che non vuole attribuire a Moser le lacrime per ogni stuppidagine... ma vuole rendere l'idea che Checco era contento perchè FINALMENTE VINCEVA IL GIRO che gli si era sempre negato. Tutto qui! Acconsentiamo pure che la signorina Giardini scriva articoli di ciclismo, sperando che si attenga di più alla cronaca e non si vada a impelagare nel "carrambismo" della Zia....
Leggenda o realtà?
23 maggio 2018 15:13Moss
Girava voce che Moser fosse stato palesemente aiutato in alcuni tratti della crono dall\'elicottero riprese che più volte si era abbassato fin troppo e seguendo il corridore da dietro creando \"una corrente d\'aria\" a favore di Checco.Leggenda o realtà??
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