PREMI | 09/04/2018 | 11:31 Compie vent'anni l'Appennino d'Oro, la simpatica iniziativa dell' U.S. Pontedecimo che dal 1998 fa parte integrante della gara, anzi ne rappresenta il festoso preludio. Di solito viene assegnato a ciclisti che hanno in passato vinto il Giro dell'Appennino, ma non mancano alcune eccezioni. Insomma un palmares di campioni dove sono presenti Aldo Sassi, direttore del Centro Mapei e preparatore di alcuni fra i migliori corridori del mondo e Tarcisio Persegona, imprenditore emiliano trapiantato nel basso Piemonte, grande mecenate nel mondo delle due ruote. Nel 2017 l'ambito riconoscimento era stato assegnato al commissario tecnico della nazionale italiana Davide Cassani. Lui, il Giro dell'Appennino non l'aveva mai vinto, anche se in più di un'occasione è stato determinante nell'aiutare i suoi capitani a conquistare il successo. Quest'anno è la volta di Damiano Cunego primo, a braccia alzate, nel 2004 battendo in volata Giuliano Figueras, vincitore all'Appennino due anni prima. Un'edizione particolarmente importante con partenza nel cuore di Genova, quell'anno capitale europea della cultura. Al via tanti campioni a cominciare dal compagno di squadra di Cunego, nella Saeco, Gilberto Simoni. Poi c'era Pavel Tokov uno che sulla Bocchetta faceva sempre faville, vincendo la corsa per due anni consecutivi nel 1997 e 1998. “Special guest star” il francese Richard Virenque che riceverà un premio per la sua prestigiosa carriera. Il 2004 sarà l'anno della consacrazione per “il Piccolo Principe” in quanto dopo l'Appennino vincerà il Giro d'Italia. La corsa di Pontedecimo resta nel cuore di Cunego, torna spesso a Pontedecimo e riesce a ripetersi nel 2011. La gara si conclude in via XX Settembre a Genova dove Cunego regola allo sprint i sei compagni di fuga. Andrà vicino alla vittoria persino nel 2015 quando transita primo sul passo della Bocchetta. Rimane al comando con Edoardo Zardini per essere poi raggiunto a circa un chilometro dal traguardo di Pontedecimo dove giungerà terzo battuto allo sprint da Omar Fraile e Stefano Pirazzi. Quest'anno il ciclista di Verona concluderà la lunga carriera tra i professionisti iniziata nel 2002. Domenica 22 aprile sarà per l'ultima volta alla partenza del Giro dell'Appennino, alla vigilia riceverà l'Appennino d'Oro. Chissà che non sia da sprone affinché ancora una volta, il giorno dopo, alzi le braccia al cielo in via XX Settembre a Genova.
Ormezzano indica il Giro dell’Appennino come l’ultima corsa in bianco e nero. Ha perfettamente ragione: le strade vetuste e piene di artigianato, la trascuratezza della periferia genovese, la solitudine dell’entroterra, quella “faccia un po’così” dei mandrogni che vedono passare la corsa…. E poi la autorevolezza degli organizzatori cresciuti nel rispetto e nel mito di Luigin Ghiglione, l’albo d’oro da far invidia a una corsa monumento, la passione, la semplicità e genuinità dei tifosi. Ho conosciuto amici che si commuovevano al passaggio della corsa…(uno di questi ha raccolto centinaia di fotografie) e altri che da un anno all’altro non pensano che a questa corsa. Il Nume tutelare del ciclismo ci conservi il Giro dell’Appennino, che con l’arrivo a Genova diventa superbo, come la città.
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