PROFESSIONISTI | 01/04/2018 | 07:10 Chi meglio di Valerio Piva, mantovano di Ceresara, diesse alla BMC, residente in Belgio, ai piedi dei “muri sacri al ciclismo” da oltre 20 anni può spiegarci il Giro delle Fiandre?
Sorride Valerio Piva e sospira: «Sono sempre stato innamorato di questa competizione. Non so se sia la stessa cosa per i diesse italiani e per me che abito qui in Belgio da 20 anni. Ma per me che sono italiano e ormai belga, a livello ciclistico, è la corsa più affascinante, quella più sentita, in modo corale, da tutti. Un avvenimento unico, che coinvolge tutti. Io l’ho disputata da corridore sei-sette volte, e c’ero quando Moreno Argentin vinse il Fiandre e la Liegi. Forse allora non mi resi conto di quale impresa avevamo fatto come squadra».
Meglio il Fiandre di Argentin o il tracciato di adesso? «Negli anni il Fiandre è sempre rimasto quasi lo stesso. Io ho vissuto da corridore il primo arrivo spettacolare e poi da diesse il nuovo percorso con il circuito dei Kwaremont e arrivo a Oudenaarde. Il vecchio percorso mi piaceva di più, con i muri sul finale. Poche volte arrivava un gruppetto, in genere si arrivava tutti sgranati, dopo una selezione senza pietà, una vera e propria passione di Cristo. Il nuovo percorso è decisamente spettacolare, il pubblico è più a contatto con l’azione finale e con i corridori; tre volte sul Kwaremont significa tanto, la gente si sente più in corsa, più vicina al gesto dell’atleta, lo vede, lo sostiene, specie nell’ultimo passaggio, quello decisivo. Se guardiamo l’albo d’oro, ci sono solo campioni veri, a tutto tondo, gente tenace, solida, quelli avvantaggiati sono ovviamente i belgi. Ma chi lo conquista è un atleta che ha la stoffa del vincente. Per piazzarsi sul primo gradino del podio bisogna venire a correre qui, bisogna conoscere i percorsi, provare i muri e respirare anche l’aria di festa. Qui ci corrono i ragazzini, da esordienti sino a che non passano professionisti, fanno sempre i muri, conoscono il vento, quando tira da nord o da est. E’ importante. Alla fine il segreto è tutto li. E come sempre ci vogliono le gambe. Non si deve andare alla cieca».
Come si vince il Fiandre? «Eh, come si vince il Fiandre – ride sornione il diesse della BMC -. Io ho un corridore che è Greg Van Avermaet. Non è ancora riuscito a vincerlo. E’ fiammingo, un corridore tosto, ci è arrivato sempre vicino, sempre sul podio, ma mai ad alzare la coppa al cielo. Se sapessi come si vince il Fiandre glielo avrei già spiegato e lo avrei già vinto. Ci vogliono le gambe, un pizzico di fortuna e molta intelligenza. Non lo conquisti per caso il Fiandre, lo devi programmare. Da corridore l’emozione di vincere il Fiandre con Argentin resta uno dei momenti più forti nella mia vita. Venivamo qui in Belgio a correre quando gli italiani preferivano altre mete, mi entusiasmava correre qui, mi sentivo più belga dentro anche se ero italiano. Mettiamoci poi che qui ho conosciuto la mia futura moglie. Ed ecco completato il quadro. Mi piaceva correre qui, prendere il vento in faccia».
Che suggerimenti darai dal punto di vista tecnico a Fabio Baldato che sarà in ammiraglia? «Abbiamo Greg che è uno dei favoriti, bisogna stargli vicino, essergli accanto nel finale con la squadra. La squadra da battere è la Quick Step, quindi nel finale, nel gruppetto di selezione, dobbiamo esserci dentro. Greg da solo è perso, sarà necessario correre senza paura, correre da leader ma sostenerlo e dal Kwaremont in poi attaccare».
Ci sono dei punti in comune tra la Milano-Sanremo, che ha visto recentemente trionfare Vincenzo Nibali, e il Giro delle Fiandre? «Innanzitutto colgo l’occasione per fare ancora i complimenti a Nibali. Hai molto stress in ammiraglia quando sai che puoi vincere una Sanremo o un Fiandre. Quindi complimenti a Nibali e a Volpi. Per vincere la Sanremo, come il Fiandre, ci vuole in ogni caso personalità, intelligenza, forza, grande carattere, saper soffrire, specie sui muri. E vincere i timori degli agenti atmosferici. Che piova o ci sia il sole, devi solo credere in te stesso. Perché anche queste situazioni ti porteranno al limite e a lottare con te stesso».
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