STORIA | 05/03/2018 | 09:20 Un Ducato. Un Fiat Ducato grigio metallizzato. Duemila la cilindrata, centoquindici i cavalli, nove i posti. E due le bandierine, arancioni. Sul parabrezza anteriore una scritta adesiva: fine gara ciclistica. Sul parabrezza posteriore un’altra: fine corsa. E’ il camion-scopa. Non è l’ultima ruota del carro, ma il carro delle ultime ruote. E’ l’arca diesel di Noè. E’ un centro mobile di accoglienza. Non è l’ultima spiaggia, ma l’ultima scialuppa di salvataggio. Poi c’è il nulla, cioè il tutto, il tutto come prima.
In italiano si dice camion-scopa, e il termine scopa compare dovunque (inevitabile la battutaccia: si scopa dovunque), a fare la differenza è la qualifica del mezzo. In francese si dice voiture-balai, in inglese broom-wagon. La prima volta - si tramanda – risale all’ottava edizione del Tour de France, nel 1910: Henri Desgrange, il patron della Grande Boucle, che aveva preferito il ciclismo all’avvocatura, pensò a un’ultima vettura della carovana, destinandola non solo a raccogliere chi fosse rimasto a piedi, ma soprattutto a controllare chi volesse proseguire la corsa non in bici, ma in treno. Desgrange li conosceva bene i corridori, e le loro tentazioni, perché era stato corridore, addirittura primatista dell’ora, 35,325 nel 1893.
Al Giro d’Italia il camion-scopa era proprio un camion. Nell’archivio della “Gazzetta dello Sport”, spulciano e scartabellando nelle buste (quelle bianche comprendevano i ritagli di giornali, quelle grigie le fotografie) trovai una foto, in bianco e nero, di un Aldo Moser raccattato e sconsolato nel cassone telonato di un camion da ghiaia. Poi, dipende: al lavoro nella zona Cesarini delle corse ho visto pullmini, furgoni, pick-up, camionette e, adesso, questo Ducato targato FK274FH. Il suo compito è, stavolta, sabato 3 marzo, chiudere le Strade Bianche 2018, la sua posizione è finale, ma non estrema, perché dietro c’è ancora una macchina che viaggia ad andatura sincopata e che ospita quei formidabili specialisti che, saltando e correndo, a scatti staccano i segnali stradali: frecce, cartelli, striscioni.
Siena, Fortezza. Cielo grigio. Secondo Wikipedia, l’occhio umano è capace di cogliere sedici, e non cinquanta, sfumature di grigio, e qui ci sono tutte e sedici, dal grigio antracite al grigio topo, finché alle otto e quarantacinque il grigio vira sul nero e comincia a piovere, a piovere sul bagnato. Un’ora più tardi, partita la corsa delle donne, lungo le mura medicee il camion-scopa guadagna l’ultima posizione dietro le quattro ambulanze. Due ore più tardi, partita la corsa degli uomini, accesi anabbaglianti tergicristalli e riscaldamento, accese radiocorsa e radiodirezione, accesi gli animi, il Malabrocca a quattro ruote comincia la sua missione. Marco Pastonesi (fine della prima puntata – continua)
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