PROFESSIONISTI | 12/02/2018 | 07:36 «Che squadra vedo? Intanto vedo una squadra: motivata e responsabile. Ci mancherà un fuoriclasse assoluto come Alberto Contador, questo è pacifico, ma c’è un gruppo, che ha voglia di far vedere il proprio valore. Alberto era in grado di fare cose eccezionali, e il suo addio è stato un addio d’autore, che nemmeno il migliore dei registi avrebbe potuto pensare. Però ora c’è da pedalare tutti assieme, dobbiamo essere prima di tutto un team di livello mondiale, e ognuno avrà la possibilità di provare a fare il proprio gioco».
È chiaro ed efficace come è solito essere Luca Guercilena, 44 anni, team manager della Trek Segafredo, che ha perso la sua stella polare, ma non la rotta di navigazione e la fiducia per questi ragazzi che hanno in ogni caso iniziato con il colpo di pedale giusto. «L’inizio è stato molto buono, abbiamo vinto e soprattutto siamo tornati al successo con Degenkolb e Nizzolo che in pratica lo scorso anno nemmeno li abbiamo visti, se non a mezzo servizio per un’infinità di ragioni. Questo 2018 invece sembra iniziato nel modo migliore, ma dobbiamo concentrarci sulle corse che contano».
Cosa dobbiamo aspettarci? «Dalla Sanremo alle Classiche del Nord tutto è terreno di conquista. Degelkolb, Stuyven, Nizzolo, Felline ma anche Pedersen devono essere là a lottare per la vittoria. Abbiamo gli uomini per poter ambire a questo, abbiamo la squadra per supportarli. Abbiamo una struttura e un’immagine per pretenderlo».
Poi ci sono anche i Grandi Giri, ad incominciare da quello d’Italia… «E alla corsa rosa ci andremo con Gianluca Brambilla che proverà a fare classifica. Dovrà cercare di fare un salto di qualità importante: puntare alla top cinque, non solo alle tappe. Per quelle abbiamo corridori come Giacomo (Nizzolo, ndr), che si può togliere qualche soddisfazione».
Facciamo un gioco: un nome abbinato ad un tuo giudizio. Incominciamo con Brambilla. «Mi attendo da lui un salto di qualità: può farlo. Ha tutto per poterlo fare»
Matthias Brandle. «Un metronomo, un infaticabile passista, con il tempo nel DNA».
Koen De Kort. «Sta crescendo molto, sarà una delle nostre più belle sorprese. Ha le stimmate del capitano».
Fabio Felline. «Vale il discorso fatto per Gianluca (Brambilla, ndr): deve fare un salto importante a livello qualitativo. Non può più rimanere lì nel limbo».
Michael Gogl. «Da lui mi attendo buone cose; è uno dei pochi che ha rinnovato fino alla fine del 2019».
Ryan Mullen. «Classe, temperamento, forza: ha molto se non moltissimo. Deve però essere più concreto. Più professionista. Nel ciclismo non hanno mai regalato niente, oggi men che meno».
Giacomo Nizzolo. «Ha vissuto un anno pazzesco, ora spero che si riprenda tutto con gli interessi».
Jarlinson Pantano. «Era l’ombra di Alberto (Contador, ndr): quest’anno avrà più libertà d’azione. Più spazio per fare quello che sente e quello che ha nel cuore».
Mads Pedersen. «È giovane, giovanissimo. È un ragazzo del ’95. Un anno fa ha vinto sei corse e quest’anno ne ha già portata a casa una. Se non si monta la testa, ma non credo, ci farà divertire».
Gregory Rast. «È un uomo squadra, che può tutto e tutto fa: molto bene».
Toms Skujins. «Vedrete, sarà una delle nostre più belle sorprese».
Jasper Stuyven. «È l’uomo del nord, e spero che lassù si possa esaltare. E noi con lui».
Hai anche qualche buon giovane, ad incominciare dal nostro Nicola Conci. «È un ’97, bisogna avere pazienza, come per Daniel Gregory, Niklas Eg, Alex Frame. Ruben Guerreiro, invece, credo che sia già pronto per far vedere qualcosa di buono. Da lui attendo segnali importanti». Insomma, senti di avere un buon team. «Con Mollema, che in ogni caso resta una garanzia, penso di avere un team ben assortito. Un buon gruppo. La qualità c’è, se poi si ha un pizzico di fortuna…». Mollema per il Tour? «Per il Tour tutti, per ottenere il massimo con tutti».
E il Mondiale? «È ancora molto lontano, prima bisogna vedere con quanti corridori in condizione riusciamo ad arrivare all’appuntamento di Innsbruck». Quanti corridori in scadenza? «Sedici, ma con molti si sta già parlando di prolungamento». Cosa pensi del caso Froome? «Che è un bel pasticcio, per tutti noi, per tutto il movimento, non solo per lui o per il Team Sky».
Se tu fossi al posto di David Brailsford, Froome l’avresti fermato? «È difficile dirlo, anche se penso di sì».
Cosa pensi della situazione attuale del ciclismo? «I prossimi quattro anni saranno importantissimi per tutti noi. Bisogna ridare al nostro movimento stabilità. Le squadre di World Tour hanno necessità di avere qualche garanzia in più per il futuro, anche dal punto di vista economico». Cosa dovrebbe accadere? «L’Uci, con il presidente Lappartient, dovrebbe porsi come mediatore tra organizzatori e team. Il ciclismo ha bisogno di vendere un prodotto il più possibile unico. Un format appetibile, con un modello economico stabile. C’è bisogno di rivedere l’impianto World Tour, di dare un valore alle licenze, che devono essere a tutti gli effetti di proprietà delle società, che non possono vivere ogni anno con la spada di Damocle della Ernst & Young. Da questi quattro anni dobbiamo uscire da questa zona grigia. Io sono per la mediazione, ma a questo punto si deve scegliere: o bianco o nero. O di qua o di là. O si guarda al futuro o il futuro non lo vedremo».
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