STORIA | 03/02/2018 | 07:53 Si chiama Renzo Donati ed è di Santa Croce sull’Arno. Detto così anche nel ciclismo, che pure è il suo mondo, sarebbe conosciuto da pochi. Ma Renzo Donati in arte è “Capello” ed allora eccolo il personaggio conosciuto da tutti, curioso e singolare, amante dell’avventura e dei primati. Ne ha uno in particolare, chissà, forse da Guinnes. Ha percorso 600mila chilometri con la stessa auto, una “Golf”, e con la “stessa cinghia di trasmissione” ci tiene ad aggiungere. Impossibile, ma lui documenti alla mano è pronto alla scommessa, un gioco quest’ultimo che da sempre gli appartiene. Scommettere nel calcio e nel ciclismo, sul Giro d’Italia, sul Tour, sulla Vuelta e sulle classiche monumento, è una consuetudine per una decina di amici della zona del cuoio e delle pelli.
Tanti chilometri per seguire il ciclismo, le corse. I corridori lo conoscono e lui ne ha “adottati” diversi dal 1964, anno in cui non ancora diciottenne, decise di entrare in questo mondo. Il suo stadio sono state e sono le strade, quelle di tutti, capace di aspettare per ore che i corridori passino, per dare una borraccia. Un attimo, un ronzio di uno sciame e via in un altro punto del percorso.
Riavvolgiamo il nastro. Tifoso del Milan e di Gianni Rivera, tifosissimo almeno per un trentennio del Pisa (mai assente a una partita casalinga), cacciatore incallito nel Padule di Fucecchio come sulla collina che domina la Valdera. Ma torniamo al ciclismo sport dove non è stato mai impegnato con una società.
“Iniziai salendo su di una Lambretta con il carissimo amico Giovanni Pellegrini, era il 1964, c’era da seguire Taddei. Più avanti il mio idolo fu il compianto Riccardo Raugei, bravissimo, forte, con il quale nacque un’amicizia fraterna, e che mi regalò tante soddisfazioni. Nel ciclismo provò anche mio fratello, ma senza successo, ed altri due corridori che ammirai furono Graziano Salvietti e Casalini”.
Nel luglio del 1967 “Capello” era al Tour de France quando l’inglese Tom Simpson morì sul Mont Ventoux. Qualcuno per questo episodio e per altri accaduti in tua presenza, dice che porti sfiga. “Sono gli amici che hanno messo in giro tutto questo, ma non è così”. Ha seguito anche per 5-6 anni Simone Pellegrini, brillante atleta santacrocese.
Altro atleta al quale sei stato vicino è Andriy Grivko. “E’ vero quando ho potuto sono andato a vederlo gareggiare anche lontano dall’Italia. Mi piace vivere la vita come un’avventura, senza impegni precisi, pronto a togliermi le soddisfazioni che mi piacciono. Potessi tornare indietro rifarei tutto quanto”.
Tanto tempo dedicato da “Capello” anche alla figlia Sara, protagonista sino da giovanissima nell’atletica e nelle corse campestri con tanti successi al suo attivo a rendere orgoglioso suo padre. - Hai visto quanto è cambiato il ciclismo? “Una bella differenza quella di oggi rispetto al passato. Oggi sono quasi tutti campioni a tempo, tra i professionisti ma anche tra i dilettanti, a volte non mi ritrovo. La passione comunque è ancora tanta cerco di individuare se non il talento, l’atleta serio, preparato, che abbia classe e fa ben sperare. Un paio di essi sono nel mirino ma non dico chi sono, altrimenti non sarei più Capello”.
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