MATTHEWS, IL VOLO DEL RAGAZZO RIBELLE

PROFESSIONISTI | 24/01/2018 | 07:22
«Sono sempre sorridente e felice, cerco di godermi la vita il più possibile» ci racconta Michael Matthews per spiegare l’origine del suo soprannome. Lo chiamano «Bling», che significa vistoso, sgargiante. Nella scorsa stagione il suo sorriso è stato particolarmente radioso almeno in tre occasioni: quando sugli Champs-Élysées al termine del Tour de France ha vestito la maglia verde, avendo conquistato la classifica a punti; due mesi dopo nel momento in cui con i compagni della Sunweb a Bergen si è laureato campione del mondo della cronosquadre, e il giorno in cui la moglie Kat gli ha an­nunciato che presto sarebbe diventato papà.
È stato un anno super per il ventisettenne «aussie» di Canberra, che in lingua aborigena significa «la città degli incontri», dal 1981 sede dell’Australian Institute of Sports.

«È qui che ho studiato. Arrivo da una famiglia normale: papà Alan fa il ma­cellaio, mamma Dona ha un negozio di  parrucchiera, ho un fratello più piccolo, Ben, e una sorella più grande, Claire. Loro non praticano ciclismo, ma Ben è molto bravo in tutti gli sport in cui si cimenta, deve solo trovare la sua strada... Da bambino praticavo mo­tocross: un giorno quando avevo 16-17 anni a scuola una mia insegnante lesse su un giornale un annuncio che più o meno recitava: “se avete ragazzini di talento portateli a questo programma nazionale”. Eravamo un centinaio, siamo stati sottoposti a diversi test,  a me dissero che ero portato per il ciclismo. Così comprai una bici e iniziai a correre. A Can­berra, dove sono cresciuto, ero quello “diverso”. Tutti an­davano alla scuola privata, io ero quello che proveniva dalla pubblica, si vestiva in modo alternativo e girava sempre con la bmx. All’epoca ce ne erano tanti di ragazzi più forti di me, le “prendevo” un sacco di volte, ma i risultati sono arrivati al momento giusto e di quel gruppo di ragazzini sono l’unico arrivato al professionismo».

Da allora di strada ne ha percorsa pa­recchia. Nel 2010 a Melbourne si è laureato campione del mondo in linea Under 23. Passato al professionismo nel 2011, ha vinto due tappe al Giro d’Italia, dove ha anche indossato per otto giorni la maglia rosa (sei nel 2014 e due nel 2015), tre al Tour de France, aggiudicandosi come detto anche la classifica a punti nel 2017, e tre alla Vuelta a España (vestendo in tre occa­sio­ni la maglia rossa nel 2013). Nella stagione 2017 ha firmato la prima tappa della Vuelta al País Vasco, si è piazzato decimo all’Amstel Gold Race e quarto al­la Liegi-Bastogne-Liegi. Al Tour de Suisse si è imposto in volata al termine della terza tappa. Al Tour de France ha battuto Greg Van Avermaet sullo strappo di Rodez, ripetendosi tre giorni più tar­di nello sprint ristretto a Romans-sur-Isère, nel quale ha avuto la meglio su Degenkolb. Per chiudere l’anno ha conquistato il titolo mondiale della cronosquadra con i suoi compagni del Team Sunweb e la medaglia di bronzo nella prova in linea mondiale, e vinta nuovamente da Sagan.
 
«La prima parte del 2017 non è andata co­me speravo, ma quando si cambia squadra ci vuole sempre del tempo per trovarsi e organizzarsi al me­glio. Alla Grande Boucle abbiamo iniziato a ingranare e a ottenere buoni risultati. Per questa stagione penso ancora al Tour: Il percorso è molto affascinante, ma anche la partenza del Giro da Gerusalemme sarà pazzesca. Ho bei ricordi legati alla corsa ro­sa, se avrò l’opportunità sarò contento di tornarci. Dopo aver pianificato la partecipazione alle corse a tappe, programmeremo quelle di un giorno».

Da giovane ha praticato pista, ha imparato l’esercizio della crono e poi si è de­dicato alla strada. Nella sua formazione c’è anche un po’ di Italia.
«Nel vostro Paese ho trascorso tre anni con la Na­zio­nale australiana nel centro di Gavirate, vicino a Va­rese. Mi piace molto la vo­stra cultura, il vostro modo di vivere, spensierati e felici, prendendo la vita per quella che è, e il vostro modo di ac­cogliere. Non per niente io e mia moglie nel 2014 ab­biamo deciso di sposarci a Fi­renze e, appena pos­sia­mo, trascorriamo qualche giorno in Toscana. Ov­­via­mente siamo innamorati della cu­cina italiana, semplice ma saporita, e dei vini toscani. La re­gione del Chianti è fenomenale, era la location ideale per il nostro matrimonio, e ci torno sempre volentieri ogni volta che posso per la Strade Bianche, una delle corse più belle al mondo».

Michael vive a Montecarlo e ama i mo­tori. «Mi piacciono i kart, ne ho uno mio all’autodromo di San­remo, e quando pos­so vado a farci qualche garetta con amici, compresi i pi­loti di Formula 1 che vi­vo­no in zo­na. Da tempo devo or­ganizzare una sfida con Daniel Ricciardo, tra i miei impegni e i suoi è difficile trovarsi, ma meglio così perché mi sa che mi straccerebbe. Devo allenarmi tanto per potermi confrontare con lui» ci racconta sorridendo.

In questi giorni la sua famiglia si allargherà, diventerà in­fatti papà per la prima vol­ta. «Devo ringraziare tante persone per essere arrivato fin qui, soprattutto mia moglie, che è la mia miglior motivatrice. Mi guida nella giusta di­rezione ed è i miei occhi fuori dal ciclismo (anche se di ciclismo se ne intende vi­sto che quando l’ha conosciuta lavorava in Shimano e suo padre ha una azienda che si occupa di bici, ndr). Quando sei tanto concentrato sul tuo lavoro e i tuoi impegni, rischi di dimenticarti che al di fuori c’è un mondo. Lei di testa è molto forte, mi motiva a fare sempre meglio».

Abbiamo ricordato i suoi numerosi successi, ma altrettanti almeno sono stati quelli sfiorati in gare anche molto importanti.
«I piazzamenti più difficili da digerire sono stati quelli ottenuti al campionato del mondo nelle ultime due edizioni. Ci sono arrivato davvero vicino e avevo la condizione per vincere, mi è forse mancata la testa per essere il migliore. Spero capiteranno giornate in cui sia testa che gambe siano al top insieme. Non sogno una gara in particolare: per il futuro mi auguro di avere una carriera lunga e costante. Spero di riuscire a mantenermi ad alto livello il più a lungo possibile, riuscirci è più im­portante che conquistare quella o quell’altra corsa».

Giulia de Maio, da tuttoBICI di gennaio
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