ROLLAND: «Giornata lunga, vittoria meritata». AUDIO
PROFESSIONISTI | 24/05/2017 | 17:07 Fuga vincente per Pierre Roland che porta in trionfo a Canazei la Francia e la Cannondale Drapac in questo Giro 100. «Ho attaccato al chilometro zero, siamo andati via solo in 3, ho subito pensato che sarebbe stata un giornata lunga e durissima, ho dosato le energie. Siamo andati regolari e a un certo punto abbiamo preso la scelta migliore: attendere il gruppetto alle nostre spalle. Ho sempre lavorato per il Tour, quest’anno ho voluto preparare bene il Giro, sono soddisfatto della vittoria per me e per la squadra. Sapevo che oggi sarebbe arrivata la fuga, ho colto l’occasione. Da domani ci aspetta una grande bagarre per la maglia rosa e ci sarà meno spazio per gli attacchi, contento di averne approfittato oggi» commenta a caldo il vincitore di giornata.
Le sue impressioni in conferenza, in fondo il file audio da ascoltare.
Perché ora punti alle tappe invece che alla classifica? «Questo inverno siamo andati in Colorado per parlare con il mio team manager e allenatore Jonathan Vaughters e abbiamo discusso a lungo e lui come me ha pensato che la classifica generale è contro la mia natura di attaccante, così abbiamo deciso di correre il Giro e anche il Tour per provare le tappe».
Ieri su Twitter avevi scritto che ti eri svegliato alle 5 per l’emozione, per quale motivo speciale? «Un’insieme di emozioni, ieri è stata una frazione davvero esaltante, è il motivo per il quale faccio il ciclista professionista, perché amo il mio sport e la sua storia: ieri abbiamo affrontato salite storiche come quella dello Stelvio nella centesima edizione del Giro d’Italia. Tuttavia, non mi sono sentito molto bene ieri, soprattutto oltrepassata una certa altitudine, oggi è andato tutto al meglio dopo che ho dormito profondamente, la tappa è stata molto dura e sono molto contento. Volevo davvero fare qualcosa di buono e oggi tutto è andato come mi ero prefissato».
Sei il più esperto nella Cannondale-Drapac, sei una sorta di capitano in strada? «Sono piuttosto vecchio per questo team, perché sono tutti molto giovani come Hugh Carthy o Davide Formolo ad esempio. Io rimango me stesso e non credo di essere un capitano, ma spero di essere un buon esempio. I miei compagni mi rispettano perché cerco sempre di attaccare e dare sempre il meglio, come l’anno scorso al Tour nonostante le cadute. Spero che quel che ho fatto oggi sia d’ispirazione per loro. In questa squadra ho trovato un ambiente che mi rispecchia molto e un ruolo che mi soddisfa. Correre per la classifica generale non mi è mai veramente piaciuto, dovevo farlo, ma preferisco le tappe» .
Vittoria differente oggi rispetto alle precedenti al Tour? «Difficile spiegare, io mi aspettavo di performare meglio ieri o domani, ma non oggi. Questa frazione è stata un po’ particolare, il mio direttore sportivo stamattina mi ha chiesto cosa avrei voluto fare. Io ero incerto, avevo detto che se oggi avessi avuto la possibilità avrei provato, domani sarebbe stato più difficile perché era una corsa per i corridori della classifica generale. Poi, alla partenza, ho visto che erano tutti molto stanchi da ieri, è stata una delle gare più dure della mia carriera. Così ho corso come se non ci fosse stato un domani. Io, paradossalmente, vado meglio sui finali più duri mentre oggi era più facile, in più c’erano corridori molto forti come Rui Costa o Omar Fraile» .
Perché non ci sono tanti corridori sempre all’attacco come te? «Chiedete agli altri corridori (ride, ndr). Oggi il ciclismo è cambiato, si corre sempre più al risparmio, sempre aspettare e aspettare, ma poi la corsa finisce e non si combina niente. Io parlo per me e il mio ciclismo è fatto d’attacco: corro davvero come se non avessi un domani, anche se poi domani arrivo ultimo. Oppure arrivo decimo, chi lo sa. Se ho una possibilità di essere davanti io ci provo, anche se poi non raggiungo il risultato».
Non amavi fare classifica, per quale motivo specifico? «Un mix di motivi. La classifica generale è dura tutto il tempo, si prova tanto stress, non bisogna mai cadere, devi controllare gli avversari e fare sempre attenzione; si spendono tante energie psicofisiche. Se faccio il Tour per la generale poi sono morto per tre o quattro mesi, è davvero complicato. Più il tempo passa e meno trovo piacere a correre per la generale, la corsa è sempre chiusa e si è molto controllati. Per me è difficile rimanere sempre in gruppo, non è nella mia natura perché a me piace davvero molto attaccare. Il nostro sport è davvero difficile e se non provi almeno un po’ di piacere…»
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