
Quella volta che Peppino l’italiano vede Raymond Poulidor che scatta proprio davanti a casa sua. Quella volta che partecipa al Giro del Belgio per dilettanti – lui italiano residente in Belgio: gli italiani che lo considerano belga, e i belgi che lo sentono italiano – nella nazionale inglese. Quella volta che corre il Tour du Roussillon, in Francia, la penultima tappa è pirenaica, cinque montagne da scalare, sulla penultima scatta uno spagnolo, Peppino l’italiano lo insegue e lo riprende, e insieme vanno all’arrivo, in volata Peppino l’italiano sta per vincere quando, a 10 metri dalla linea del traguardo, spezza a metà la pedivella del pedale sinistro, forse per troppa potenza, o per troppa voglia, cade e si fa male. Quella volta che Giovanni Falai, il medico della Filotex, per conto della federazione italiana, lo visita e si stupisce, non solo per i 36 battiti del cuore al minuto, ma perché aveva i polmoni pieni di polvere, e Peppino l’italiano a spiegargli che non era polvere, ma carbone. Tant’è che Peppino sostiene che è stata la bici a salvargli la vita: gli altri sputavano l’anima, lui il carbone.
Quella volta che, tornato in Italia, Peppino il belga gareggia a Giulianova, è un circuito da ripetere tante volte, quando vede esposto il cartello -7 scatta, ma il giro dopo c’è il cartello -16, non ha visto bene e si è sbagliato, tiene duro e riprende un fuggitivo, che gli giura fedeltà, “non tiro, ma non faccio la volata”, le promesse da corridore sono più ridicole di quelle da marinaio, Peppino il belga non si fida, all’ultimo mette il 54x11 e schizza come un’anguilla alla vittoria. Quella volta che, sempre in Italia, al pronti-via lo minacciano “oggi non vinci”, allora lui rimane tranquillo in gruppo, finché la volata, lunga, da lontano, lui prima si mette in testa, poi si fa da parte, fa passare, si getta dall’altra parte, rimonta e batte un trentino grande e grosso, alto due metri. E quella volta che si sveglia a metà corsa, passa dal quarto al terzo gruppo, poi dal terzo al secondo, poi dal secondo al primo, poi all’ultimo giro attacca da solo, primo lui, secondo la zia, che attraversa di corsa, a piedi, il traguardo per abbracciarlo.
Adesso Giuseppe Palladini, in arte Peppino l’italiano e Peppino il belga, specialista in riparazione di locomotive e ingegnoso inventore meccanico, è l’organizzatore del Mundialito del ciclismo amatoriale a Morro d’Oro, 21 edizioni e vincitori da tutti i continenti, ed è il proprietario di un museo del lavoro nelle miniere nel ricordo del padre e dei 262 minatori (di cui 136 italiani, di cui 61 abruzzesi). E pedala, pedala ancora, pedala sempre.
(fine della seconda puntata – fine)
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