STORIA | 06/08/2016 | 07:52 Tre Olimpiadi fa.E’ il 14 agosto 2004. Si corre, da Atene ad Atene, la prova regina del ciclismo, e non solo di quello su strada: 211 chilometri e 200 metri, fra l’Acropoli e il Partenone, il tempio di Zeus olimpico e il mercato delle pulci di Monastiraki, a una temperatura che raggiungerà i 42 gradi. Uomini: 144 partenti, cinque azzurri in maglia bianca, il numero 6 – Paolo Bettini, ma pare Aiace Telamonio – si lancia all’attacco sulla salita del Licabetto, al 6 per cento. Il Grillo salta sui pedali, allunga il gruppo, lo sgrana, lo fraziona, lo appesantisce, lo tramortisce, lo stacca. Gli resiste soltanto un portoghese, Sergio Paulinho. Ma fra Paolo e Paulinho la differenza c’è, si vede, si sente. E non sta solo nel diminutivo del nome. Tant’è che in volata Paulinho non avrà scampo.
Bettini, quel giorno, lo ha detto, anzi, lo ha predetto. Quando Auro Bulbarelli e Davide Cassani dalla postazione tv della Rai lo salutano alla partenza e lo invitano alle interviste del dopo-corsa, Bettini è folgorato da un’intuizione, o forse illuminato da un presentimento, e risponde loro: “Io, qui, ci passo per primo”. Al che i due telecronisti rilanciano: “Allora ci devi salutare”. Cinque ore e 41 minuti e 44 secondi più tardi, Bettini si ricorda della promessa e, fra segni al cuore e pugni al cielo, volge sguardo e sorriso anche all’ABCD (Auro Bulbarelli Cassani Davide) del ciclismo televisivo.
E’, quello, il periodo d’oro dell’Italia del ciclismo: l’ispirazione di Alfredo Martini, la direzione di Franco Ballerini, il volante di Claudio Santi, la presenza di Franco Vita, le mani di Giuseppe Archetti ed Enrico Pengo, soprattutto le vittorie mondiali di Mario Cipollini nel 2002, Bettini nel 2007 e 2008, e Alessandro Ballan nel 2009. E tutto entra nella storia, in particolare nella storia olimpica, perché Atene è il teatro, anzi, il palcoscenico perfetto per i Giochi della pace e dello sport.
Ma c’è un mistero: e riguarda la bicicletta di Bettini. E’ una Time, la sua Time, che appartiene al patrimonio tecnico ed economico della Quickstep. Alla fine della stagione la bicicletta viene ritirata dalla squadra belga e custodita nel magazzino, in Belgio, come una reliquia storica, già mitologica, addirittura leggendaria, per una futura sistemazione in grado di valorizzarla e celebrarla. E invece, un giorno, la bicicletta olimpionica viene venduta. Per errore. Ma è un errore fatale. Perché quando ci si accorge della leggerezza, o della confusione, o della fretta con cui è stata fatta la vendita, è troppo tardi, e di quella bici non si saprà mai più nulla. Come sparita, volatilizzata. Come andata in fuga.
Era una bici speciale, quella olimpionica di Atene 2004. Non aveva il motorino elettrico, ma le ali di una dea.
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