
La Vuelta si è appena conclusa come sappiamo, ma in Spagna si continua a discutere, tanto pubblicamente quanto nelle stanze della politica, perché fra poco più di un mese è in programma la presentazione del nuovo Tour de France e ASO chiede certezze.
Già, perché la prossima edizione della Grande Boucle - è già stato annunciato - partirà da Barcellona e dalla Catalogna. Ma proprio in questa regione e nei Paesi Baschi, dove gli indipendentisti sono più attivi, la contestazione ProPal è stata, è e sarà ai massimi livelli.
Quello che chiede Aso sono certezze, quello che manca è il tempo. Perché la politica, lo sappiamo, ha tempi lentissimi. Nonostante le condanne che arrivano dall’Onu in giù, nessuna nazione, nessun ente, nessuna realtà fino ad ora ha preso concretamente provvedimenti nei confronti di Israele: non lo ha fatto la politica, non lo ha fatto lo sport, non lo hanno fatto i mercati.
Ma il Tour de France ha bisogno di certezze e risposte, non può semplicemente dire “aspettiamo e vediamo quel che sarà”. E in più vien da chiedersi: potrebbero bastare - ammesso che Sylvan Adams lo accetti, cosa che non ha fatto finora - il cambio di nazionalità della licenza e il cambio della maglia da parte della attuale Israel Premier Tech per risolvere il problema?
L’assessore allo sport di Barcellona, David Escudé, è stato chiaro: «Il consiglio Comunale rifiuterà di accogliere una formazione israeliana alla partenza del Tour de France 2026, vogliamo che le squadre che gareggiano sotto quella bandiera vengano fermate».
Il discorso è complesso e non possiamo certo essere noi a sviscerarlo nei dettagli, così come non può essere la tanto invocata UCI a prendere decisioni drastiche: l’esclusione da tutti gli sport di squadre e nazionali russe e bielorusse fu decisa dal CIO, il Comitato Olimpico Internazionale. E l’UCI semplicemente non ha il potere di legiferare in questo senso: sarebbe come se l’Abruzzo adottasse una legge che va contro la legge dello stato italiano, l’iniziativa verrebbe immediatamente bloccata.
Solo il CIO può intervenire in questo senso, ma come il resto delle organizzazioni mondiali per il momento nulla ha deciso. Sono passati ormai due anni dall’inizio delle ostilità in terra palestinese, durante i quali c’è stato un crescendo di violenza, e nulla si è mosso concretamente in tal senso: come possiamo pensare che accada nel giro di un mese, prima della presentazione del Tour de France 2026?
La patata bollente resta così nelle mani di ASO che deve decidere se confermare la partenza da Barcellona o attivare un piano B, chiaramente con riflessi economici non indifferenti. Una decisione non facile da prendere, assomiglia tanto a quel vecchio detto un po’ disperato che recita “come fai, sbagli”.