
La discussione forsennata su Conca e la sua squadra spensierata che dominano il campionato italiano sta diventando il tormentone dell'estate, come Vamos a la playa e l'Estate sta finendo. La cosa che ancora riesce a stupirmi è soprattutto questa: sembra che la rovina dell'impero, in altre parole la crisi spaventosa che paralizza il ciclismo italiano, sia nata lì, al campionato italiano. Cioè: se ne parla da tempo, certo che sì, ma questi toni apocalittici e mortiferi sono legati all'eccentrico risultato. Prima erano quattro chiacchiere venute a noia – movimento finito, ma quale finito, guarda quante medaglie portiamo a casa con le ragazze e i pistard – adesso è un incendio di toni putiniani. Che io però mi permetto di chiosare con una domandina infantile: se non avesse vinto Conca, saremmo a questi punti?
Mi do anche una risposta: no. Avremmo archiviato il campionato italiano come uno dei mille passaggi stagionali e saremmo andati avanti come se niente fosse. E pazienza se il ciclismo italiano, con o senza un Conca tricolore (poveraccio, tu pensa se una simile vittoria deve precipitarlo in mezzo a una simile baldoria), e pazienza se con o senza Conca comunque il ciclismo italiano versa in uno stato di mestissima agonia.
Allora, piuttosto che buttare altra benzina sul fuoco, vorrei aggiungere un elemento di discussione piuttosto trascurato nella baraonda del momento. Vogliamo parlare del campionato italiano? In parole povere: Conca ha ridicolizzato il movimento, certo, Conca ha corso bene e forte, certo, ma il problema principale è che di questo appuntamento non importa più niente a nessuno. E non da oggi. Da lungo tempo, ormai, è un rituale obsoleto che sa di muffa, è vissuto con fastidio dai corridori e dalle squadre vere, salvo poi far partire la banda quando capita di vincerlo. E' come la Coppa Italia del calcio, che dà fastidio a tutti, salvo a chi la vince, perchè comunque fa bacheca e magari aiuta ad attutire gli effetti dei fallimenti veri.
So che il discorso è antipatico e sgradevole, perchè c'è sempre in ballo la retorica nazionale del tricolore, ma non è raccontandoci fregnacce che cambiamo la realtà. Il campionato italiano non l'ha umiliato Conca, nemmeno chi l'ha perso a quel modo: l'abbiamo umiliato tutti con anni e anni di insofferenza e fastidio, vivendolo come una scadenza fiscale, la compilazione del 730 o il versamento Iva.
Poi ti credo che basta una combriccola di intrippati semi-amatori (aggiungo doverosamente semi perchè l'amatore sono io, con la mia panza, quando scalo due colline, non questi missili senza un grammo di grasso sui fianchi), bastano Conca e la sua band per fare i fuochi d'artificio. E come no: ormai quella è una corsa a tempo perso, neppure segnata in rosso nei programmi stagionali di nessuna squadra. Ci vanno come si va dal dentista. Perchè bisogna andarci. Ma nessuno se la sogna la notte.
Se la vittoria di Conca deve farci riflettere, riflettiamo anche su questo. Su cosa è, su cosa è diventato, su cosa è rimasto del campionato italiano. Senza raccontarci ipocrite bugie, potremmo persino chiarire più facilmente perchè lo possa vincere un Conca. Ancora qualche anno e lo vinco anch'io.