Giro, i dieci volti da ricordare

| 02/06/2008 | 16:52
Fine Giro: ecco le dieci facce da ricordare, nel bene e nel male. PAOLO BETTINI. L’anima di questa edizione: per come si è battuto, la vittoria di tappa che non è riuscito a centrare gli andrebbe assegnata di diritto. E’ andato all’attacco, ha fatto il gregario, si è infilato nelle volate, ha chiuso nei primi venti in classifica: lo spot migliore che il ciclismo potesse avere. RICCARDO RICCO’. Secondo al secondo Giro, dopo aver chiuso al sesto posto il primo: un risultatone. Rimpicciolito da troppe parole: quelle del prima hanno creato aspettative superiori ai risultati, quelle del poi gli hanno creato nemici. Quando limiterà le sparate alla sola bici diventerà un grande. MARZIO BRUSEGHIN. E’ la prova evidente che per la classe operaia esiste ancora il Paradiso. Sul podio grazie alle crono, la sua riserva di caccia, ma anche per la capacità di tener duro in montagna, pur non essendo un peso leggero: risultato strameritato, per il valore dell’atleta e la simpatia dell’uomo. EMANUELE SELLA. Re degli scalatori, di maglia e di fatto: non succedeva da anni. Tre tappe vinte, una quasi, cifre a tre zeri nel contachilometri degli attacchi, il sesto posto in classifica: di tutti i pianeti che ruotavano intorno al sistema solare di Contador, è decisamente quello che si è fatto scoprire di più. DANILO DI LUCA. Non è lo stesso di un anno fa: con onestà, lo ammette anche lui. Ma si ritaglia il merito di regalare l’impresa più bella del Giro, un attacco da lontano di quelli che sembravano smarriti nella memoria. Perde il Giro mettendo l’anima per vincerlo: esistesse la maglia rosa della grinta, sarebbe sua. DANIELE BENNATI. Già non è un Giro che strizza l’occhio ai velocisti, poi deve costruirsi le volate da solo perché di treni in squadra non ne passano, infine si trova fra i piedi l’astro nascente Cavendish. Messo così vince più volate di tutti e la maglia ciclamino: cos’altro doveva combinare per farsi notare? I GIOVANI. Giro double face. Rosa quello di Giovannino Visconti, che ha sfruttato la libertà di andare alla scoperta della corsa mettendosi in vetrina, nero quello del suo conterraneo Vincenzo Nibali, respinto ad ogni esame nonostante nessuno gli avesse imposto di studiare a memoria la lezione. LA RAI. Altro Giro a due volti. Vibrante e puntuale quello raccontato alla radio da Antonello Orlando e dalla sua squadra, confusionario quello visto in tv, nelle immagini e nella grafica della diretta, nelle discussioni di un Processo che ha seguito una linea tutta sua, coerente solo nel restare lontano dalla corsa. ANGELO ZOMEGNAN. Disegna un tracciato duro e spettacolare, regala una tappa da conservare nella memoria come quella di Plan de Corones, ma il merito maggiore resta obbligare l’Astana a portare Contador: le altre squadre lo odieranno, ma almeno il Giro può mettersi all’occhiello un grande vincitore. GLI AMICI DI TITTA. Ogni volta che la loro terra si tinge di rosa, i colleghi di Bergamo tengono vivo il ricordo di Titta Pasinetti, giornalista di talento che ci ha lasciato troppo presto: il premio a Giuseppe Figini, storica figura del ciclismo, testimonia che nel patrimonio dei buoni sentimenti del Giro la memoria ha ancora un posto di riguardo. da Il Resto del Carlino del 2 giugno a firma Angelo Costa
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