L'ORA DEL PASTO. LE MAGLIE DI ALESSANDRO, QUELLE DI FAUSTO E UNA PASSIONE SENZA FINE

NEWS | 19/05/2022 | 08:20
di Marco Pastonesi

Maglie. Emblemi, bandiere, simboli. Di seconde famiglie, terze repubbliche, quarti stati. Un’altra pelle. Le maglie di ciclismo, e non solo quelle del Giro d’Italia, ci vestono, ci accompagnano, ci guidano. Storiche e tecniche, marchiate e sponsorizzate, colorate. Reggio Emilia, per festeggiare la Corsa Rosa, mostra maglie nelle vetrine del centro della città. Maglie speciali: quelle di Alessandro Oleari e di Fausto Delmonte.


La passione ha assalito Oleari sul divano, davanti alla tv, i pomeriggi di luglio, con il papà che aveva scelto di anticipare le vacanze per godersi in santa pace il Tour de France. Solo dopo l’arrivo della tappa, insieme, sarebbero andati in spiaggia. Così oggi Alessandro Oleari giustifica quel misto di voglia, ansia, piacere e missione ereditati, che lo porta a collezionare maglie di ciclismo, con una particolare attenzione per quelle delle società ciclistiche reggiane, dagli anni Quaranta agli anni Ottanta. Un’ottantina di esemplari: la più antica è quella del Velo Club Reggio Emilia, impreziosita dal colletto a camicia, acquistata e tenuta incorniciata; la più costosa è quella della Giglio, vivaio dei più forti corridori locali; la più colorata è quella della Smeg, gialla con le scritte azzurre, e con le eroiche tasche anteriori. E poi quanta storia nella maglia della Cooperatori, nella maglia del Cral Bloch, nella maglia del Gruppo sportivo Cimurri.


Accanto alle maglie, Oleari non ha proprio potuto fare a meno di accogliere anche una ventina di bici (a cominciare dalle indigene Marastoni, Corradini, Pecorari...). Il collezionismo – si sa - viene collezionando.

Per Delmonte l’illuminazione è venuta all’Eroica, la prima ciclostorica, quella di Gaiole in Chianti. Era il 2005. Da allora Fausto Delmonte ha cominciato il suo lungo percorso nel tempo, in retromarcia, risalendo alle origini del ciclismo, delle biciclette e della maglie, e specializzandosi in quelle francesi di inizio Novecento.

Il primo studio l’ha dedicato alla propria maglia: Ciclo Piave 1950. Il più recente lo sta eseguendo su richiesta di un museo del ciclismo di Varsavia, che lo ha pregato di riprodurre la maglia (Molteni) di Eddy Merckx quando conquistò la prima tappa della Parigi-Nizza 1974 davanti al polacco Ryszard Szurkowski.

Cinquantasei anni, parmigiano, Delmonte sembrerebbe un predestinato: Domenico il nome del papà, lo stesso nome del papà di Coppi; Fausto Angelo i suoi due nomi, gli stessi due nomi di Coppi. Se per campare è disegnatore grafico pubblicitario, per godere fa il cicloarcheologo, teso alla ricerca, alla scoperta e alla realizzazione di maglie, perfette riproduzioni di quelle originali. La sua collaborazione è richiesta da ciclostoriche e aziende, negozi e musei, in Italia e all’estero. E a lui si rivolgono anche vecchi corridori – chi l’ha persa, chi l’ha rovinata, chi l’ha regalata - che rivorrebbero la maglia dei loro giorni più belli. Se non proprio quella, almeno identica.

 

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