
Consolidare, rafforzare ed evolvere. Parole d'ordine che anno dopo anno hanno portato la Trek Segafredo a costruire una struttura solida alla quale si aggiunge un nuovo elemento per la prossima stagione: la psicologa clinica e sportiva Elisabetta Borgia.
Trentaquattro anni, ex ciclista (due titoli italiani di ciclocross e tre partecipazioni a Campionati Mondiali UCI Mountain Bike al suo attivo), Elisabetta ha iniziato a collaborare con il Centro Studi della Federazione Ciclistica Italiana e, dal 2019, con Elisa Longo Borghini entrando così in contatto con la formazione femminile della Trek-Segafredo.
«Il ciclismo fa parte del mio DNA e della mia formazione - spiega Elisabetta -: la psicologia clinica e sportiva sono i miei maggiori interessi. Nonostante mi occupi da anni di sport professionistico, non ho mai voluto abbandonare l'attività clinica. Credo che misurarmi quotidianamente con la sofferenza umana delle persone normali, non solo atleti professionisti, sia un allenamento continuo e una crescita costante».
Josu Larrazabal, Head of Performance di Trek-Segafredo, è particolarmente lieto di accogliere Borgia nel Team, un concetto introdotto per primo da Luca Guercilena: «L'idea di uno psicologo per supportare il nostro Performance Team è venuta a Luca e noi l’abbiamo sostenuta con entusiasmo. Negli ultimi anni abbiamo seguito diverse strategie, avvalendoci di specialisti esterni e cercando il giusto equilibrio rispetto alle esigenze dei nostri atleti. Una cosa sono le dinamiche di gruppo, un'altra le dinamiche individuali, dove, ad esempio, le barriere linguistiche possono limitare la creazione di un fondamentale rapporto di fiducia e armonia. La psicologia è un'enorme area di sviluppo, con molti aspetti da tenere in considerazione. La nostra scelta ora è quella di affidare ad un professionista la supervisione del supporto psicologico di entrambe le Squadre. Crediamo che Elisabetta, con la sua esperienza, sia la persona giusta per dare sostanza alle nostre intenzioni».
«Come allenatore, credo che l'equilibrio perfetto per un atleta professionista sia creato al 50% dalla forma fisica e al 50% dalla serenità mentale - spiega Larrazabal -. Nel corso di una stagione, però, bisogna tenere conto di non poche variazioni di questo equilibrio, anche forti. Per esperienza posso dire che l'aspetto psicologico in molti casi può avere un impatto importante sulla prestazione e sul risultato finale».
«Tra ciò che un atleta potrebbe dare e ciò che effettivamente riesce a dare, c'è sempre una differenza che, in alcuni casi, è notevole - aggiunge Elisabetta -. Molti fattori possono influenzare la prestazione e possono essere correlati all'attività sportiva, come la difficoltà di seguire sempre il regime di un atleta, la gestione dell'ansia prima di una gara o il mantenere alta la concentrazione durante la prestazione. Ma questi fattori possono anche essere estranei allo sport, come una crisi sentimentale o preoccupazioni legate all'ambiente familiare. I corridori, come tutti, hanno bisogno di confrontarsi con un'ampia gamma di variabili, con la differenza che sono tenuti a dare il meglio di sé costantemente».
E ancora: «Non è più un caso isolato il vedere corridori abbandonare prematuramente l’attività o costretti a prendersi una pausa. È un fatto ripetuto. La realtà mostra che, negli atleti di alto livello, è stata raggiunta una sorta di limite nell'assimilazione del carico di lavoro fisico e mentale. Ogni competizione porta con sé un alto livello di pressione e aspettativa. La formazione per prepararsi agli eventi è sempre più impegnativa, non solo in termini di carico di lavoro. Mi riferisco in particolare ai camp di squadra o in quota, lontano dalla famiglia e dagli amici. È un importante stress mentale che gli atleti devono gestire. È assolutamente sostenibile per un breve periodo e con una forte motivazione, come la preparazione di un Giro o di un Tour. Ma quando diventa continuo e prolungato, può diventare pesante come un macigno».
La preparazione mentale, quindi, diventa un protocollo da mettere in atto e, come i programmi di allenamento fisico, aiuta i corridori ad avvicinarsi alle gare, a gestire le variabili in gara e, successivamente, a recuperare l'equilibrio psicofisico.
«Il mio compito è prevenire o mitigare i problemi sia per i singoli corridori che per i gruppi di lavoro, individuando e gestendo i punti deboli e valorizzando i punti di forza - aggiunge Elisabetta -. Nel mio lavoro con Trek Segafredo procederò per gradi, prima conoscendo i corridori uno per uno e tracciando il loro profilo emotivo, la loro storia e le loro peculiarità. Il primo ritiro sarà il momento giusto per iniziare. Durante la stagione il lavoro sarà scandito da un monitoraggio costante, lavorando a stretto contatto con i colleghi del Performance Team per individuare le necessità più importanti per i singoli e per i gruppi. L'obiettivo non è centralizzare ogni azione ma avere una figura preparata a far fronte ai bisogni psicologici, un punto di riferimento per i corridori, o, parlando per la squadra, un punto di contatto per psicologi esterni o mental coach. La nostra missione è capire i sintomi e le cause profonde, per fornire un valore aggiunto alla preparazione e alla capacità di prestazione di ogni atleta».
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