FELICE SALINA: «LE VITTORIE COL CAVALLINO ROSSO MI LANCIARONO TRA I PROF»

STORIA | 14/03/2021 | 08:30
di Franco Bocca

Tra i numerosi corridori extraregionali che nei gloriosi anni ’60 del secolo scorso hanno difeso i colori del Cavallino Rosso, come non ricordare Felice Salina, che nel 1968 regalò parecchie vittorie al team astigiano prima di debuttare tra i professionisti con la Max Meyer?


Nato a Pioltello (Milano) il 29 luglio 1946, ora residente a Gorgonzola, Salina era arrivato al “Cavallino” sulle ali dei suoi numerosi successi giovanili, tra cui due titoli di campione lombardo degli Allievi e numerose vittorie nelle prime due stagioni tra i dilettanti con i colori milanesi del G.S. Excelsior.


Felice, come ricorda quella sua stagione astigiana?
«Eravamo una bella squadra, c’erano anche il romano Antonio Fradusco, il bolognese Adriano Amici, che poi è diventato un grande organizzatore, e il mio amico Emilio Garanzini, che era già stato al Cavallino Rosso nel 1965, quando però la squadra aveva la base logistica a Pinerolo. E soprattutto c’era un Direttore sportivo carismatico come Ettore Milano, che era stato il più fedele scudiero di Fausto Coppi e con il quale sono subito entrato in sintonia».

Ci ricorda qualcuno dei successi ottenuti con i colori del Cavallino?
«Ottenni la prima vittoria stagionale a fine marzo a Bologna nel G.P. Crocetta. C’era anche il C.T. Rimedio, che era venuto a vedere gli azzurrabili in una corsa completamente pianeggiante. Siamo arrivati in volata in una quindicina e li ho battuti tutti. Poi il 1° maggio ho vinto la Milano-Asti».

Ce la racconti…
«Sulla salita di Crea il gruppo si è frazionato e dopo il primo passaggio da Asti siamo rimasti al comando in quattro. All’ultimo chilometro due dei fuggitivi sono caduti e nella volata a due ho poi battuto nettamente Desajmonet del Fiat. Ricordo che Ettore Milano era l’immagine della felicità e proprio in quella circostanza disse che ero il corridore più intelligente che avesse mai avuto alle sue dipendenze. Un’affermazione che, a distanza di oltre mezzo secolo, mi rende orgoglioso ancora adesso».

Altre vittorie importanti in quella stagione?
«Vinsi in volata il Giro del Sestriere a Pinerolo, rimontando in extremis Canale che correva sulle strade di casa, e poi a fine stagione a Limito, vicino a casa mia, mi aggiudicai anche il Giro delle Tre Province (nella foto sopra)».

Successi che costituirono il lasciapassare per il suo debutto tra i professionisti…
«Milano mi disse che se fossi rimasto al Cavallino Rosso probabilmente sarebbe riuscito a convincere i dirigenti astigiani ad allestire una squadra professionistica. Ma io avevo bisogno di certezze e poi sapevo che alla Max Meyer, dove il direttore sportivo era Gastone Nencini, avrei ritrovato i miei amici Tamiazzo e Scopel, che erano stati con me all’Excelsior. Nel ‘69, finito il blocco olimpico, i neo-professionisti erano un’ottantina ed io fui il primo di loro a vincere nella categoria superiore».

Dove accadde?
«A Caceras nella quarta tappa del Giro di Spagna. Mentre i velocisti impostavano la volata, sono partito a sorpresa all’ultimo chilometro guadagnando cinquanta metri, che poi, stringendo i denti, ho saputo conservare fino all’arrivo. Era il 24 aprile 1969, il giorno più bello della mia carriera».

E poi?
«Al Giro d’Italia giunsi quarto a Pavia, sesto a San Pellegrino e nono a Follonica, poi però ebbi problemi di salute, fui operato di appendicite ma non tornai più quello di prima. E così nel ’70, a 24 anni e dopo due sole stagioni tra i professionisti, dovetti attaccare la bicicletta al chiodo. Ma l’orgoglio di aver gareggiato al fianco di campioni come Merckx, Gimondi e Adorni mi fa emozionare ancora adesso».

da La Stampa – edizione di Asti











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