FEDERICO PROFETI... IN PATRIA

INTERVISTA | 17/04/2020 | 07:39
di Stefano Fiori

Federico Profeti è un livornese D.O.C. e proprio nella sua Livorno è riuscito, con perseveranza e molta abilità imprenditoriale, a costruirsi un presente ricco di soddisfazioni, dopo un passato da ciclista più che dignitoso. Gli inizi da Esordiente del 2° anno (a 14 anni di età) con il GS Edilsavino, poi Allievo con il Pedale Livornese, Juniores con la Juventus Lari e infine cinque anni da dilettante con la Grassi-Filati Alessandra e il GS Cuoril di Ennio Piscina. Il meritato debutto tra i professionisti avviene con  la Selle Italia del “Principe” Gianni Savio (1996 e 1997, con due vittorie in Svizzera ottenute il primo anno), seguito dall'ultima, sfortunata annata con il team Amore & Vita di patron Ivano Fanini, quel 1998 che gli porta in malaugurata dote un problema irrisolvibile: una brutta cisti sotto il tendine rotuleo con successiva calcificazione del tendine stesso.


Lo stop definitivo con il ciclismo agonistico diventa in tal modo inevitabile, ma subito dopo, il 1°maggio del 1999 e su saggio consiglio di papà Giorgio, Federico inaugura nella zona del porticciolo turistico di Livorno, dove si trovano gli storici magazzini medicei del sale, il fondo che in breve diventa il frequentatissimo ristorante “Le Volte” con succulente e assai apprezzate specialità di mare. Ma questa è ormai storia d'oggi, purtroppo influenzata assai negativamente dalla pandemia del covid-19.


Come stai vivendo questo brutto momento?
«E' facilmente immaginabile, sono molto sfiduciato anche se cerco insieme a mia moglie Natalia l'energia per reagire. Eravamo reduci da un periodo in autunno e inverno molto positivo e guardavamo con notevole ottimismo al 2020, invece è arrivato questo tsunami che ci ha messo in ginocchio. Abbiamo chiuso il ristorante il 12 marzo e nove nostri dipendenti sono in cassa integrazione, non so fino a quando perché noi paghiamo sull'incassato».

Puoi intravedere degli spiragli in questa situazione?
«La speranza è di poter riaprire presto, rispettando tutte le direttive in materia di sicurezza nostra e dei clienti. Fortunatamente abbiamo a disposizione una superficie molto grande, di circa 400 mq e anche una parte esterna. Tutto ciò ci consentirebbe di poter mettere i tavoli molto distanziati, in totale sicurezza».

Come valuti gli ultimi provvedimenti annunciati dal Governo?
«Aspetto con fiducia altre iniziative più mirate a favore della nostra categoria. L'idea di indebitarsi con le banche per quei 25.000 euro a cui in molti possono accedere, soldi comunque da restituire, non mi piace affatto. Sarebbe meglio che lo Stato sospendesse tutte le tasse e che si facesse lo stesso con le utenze, almeno per un determinato periodo di tempo. Lo riterrei un intervento più utile e soprattutto di applicazione immediata. Per ora mi sembra invece che le esigenze di attività come la nostra non siano state tenute in considerazione».

Cosa pensi di questa pandemia?
«Ci ha colti di sorpresa, eravamo tutti impreparati e forse era inevitabile che ciò accadesse. E' invece inaccettabile che, nel corso degli anni, siano stati effettuati enormi tagli alla sanità pubblica e oggi il coronavirus ci sta presentando il suo tragico conto».

Parliamo un  po' della tua carriera ciclistica: che tipo di corridore eri?
«Mi difendevo in salita e nelle volate a ranghi ridotti ero molto temibile, Da dilettante vinsi due volte la Pistoia-Livorno, nel 1995 addirittura dichiarai la vittoria alla partenza: infatti scattai in cima alla Valle Benedetta e mi rividero soltanto al traguardo».

Tu sei tuttora molto legato al tuo ex diesse Marcello Massini?
«Certamente, un grande tecnico e un grande uomo a cui devo gran parte delle 30 vittorie ottenute in carriera. Fu lui a mandarmi in ritiro a Livigno nel 1995 e lassù feci amicizia con il mio idolo, Franco Ballerini, fresco di vittoria nella Roubaix. Un CT nato, lo era già da corridore e quando l'anno dopo vinsi a Chiasso, in Svizzera, la mia prima gara da Pro, Franco si avvicinò e mi disse:”Bravo, hai fatto vedere subito chi sei”».

Un altro personaggio che ricordi con piacere?
«Gianni Savio, mi fece passare professionista con la Selle Italia dove conobbi personaggi pittoreschi come Leonardo Sierra e Nelson “Cacaito” Rodriguez. Savio è un  competente, esperto manager, un ottimo tecnico e un instancabile talent scout di ciclisti; non dimentichiamo che, insieme a Paolo Alberati, ha scoperto, tra gli altri, un certo.. Egan Bernal».

Hai dei figli che vorresti indirizzare al ciclismo?
«Ho due figlie, Alice ed Elisa, che ho tentato di avvicinare alla bici ma non c'era proprio feeling; così hanno scelto e con ottimi risultati, l'ippica e il salto a ostacoli».

Per concludere, ci puoi ricordare solo alcuni dei tuoi clienti più famosi?
«Posso citare, in ordine sparso, per il ciclismo Francesco e Ignazio Moser, Mario Cipollini,  Alberto Bettiol, Gabriele Balducci, poi Diego Abbatantuono, Paolo Virzì, Max Allegri, Leonardo Pieraccioni, Carlo Conti, Renato Zero, Roberto Benigni e tanti altri».

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