SAN JUAN. L'ESPERIENZA INDIMENTICABILE DEGLI AZZURRINI

PROFESSIONISTI | 28/01/2018 | 09:06
Dopo una settimana in gara con i big del ciclismo mondiale lontano dall'Italia cosa hanno imparato gli azzurrini schierati dal Commissario Tecnico Marino Amadori? Ce lo raccontano loro stessi, tutti classe '96, al via dell'ultima tappa della Vuelta a San Juan.

«Vestire la maglia della Nazionale è un'emozione unica così come correre con grandi campioni che fino a ieri avevo visto solo in tv. Io sono un attaccante nato, ho voluto provarci anche qua a ogni occasione utile per testare la gamba. Cosa mi ha impressionato di più di questa settimana? Quanto vanno forte i big quando aprono il gas» esordisce il 21enne di Rovereto (TN) Mattia Bais (Cycling Team Friuli), alla prima esperienza in azzurro e alla prima corsa nella massima categoria, ieri in fuga e 10° al traguardo.


«Abbiamo vissuto un'esperienza che ci ha fatto senz'altro crescere. A gennaio a casa nostra non fa mica così caldo, è stato bellissimo confrontarci con i grandi del ciclismo e vivere quest'avventura così lontano da casa. Cosa mi porto via in valigia? Il calore dei tifosi» prosegue il marchigiano di Montecassiano (MC) Filippo Rocchetti (Team Colpack).


Per il veronese Attilio Viviani (Sangemini M.G. K Vis) si tratta di un bis: «L'anno scorso ero al fianco di mio fratello Elia, mentre quest'anno la Nazionale comprendeva un gruppo al 100% giovane. Sono contento di essermi potuto mettere alla prova con i professionisti. Il momento più bello? La top ten che ho centrato nella quarta tappa, non tanto per il risultato in sè ma perchè è arrivato alla fine di una giornata resa complicata dai ventagli e dalle difficoltà altimetriche. Sarà un buon 2018».

«Ho fatto tanta fatica perchè sono arrivato con una condizione non all'altezza della situazione. Ho saputo solo una settimana prima di partire della convocazione quindi non ero pronto, ma sono felicissimo che Marino mi abbia dato questa opportunità. Giorno dopo giorno mi sono sentito meglio, sono certo che questi sforzi ci torneranno utili per il proseguo della stagione» racconta il torinese Federico Burchio (Beltrami Tsa Argon 18 Tre Colli).

«In questi giorni ho scoperto un ciclismo molto diverso da quello a cui ero abituato e ho capito che ho ancora tanto da imparare, è totalmente un'altra scuola rispetto a quella del dilettantismo italiano. Ho imparato che in ogni momento della gara può succedere di tutto, che non si può sottovalutare nessun atleta nè distrarsi un attimo» aggiunge il padovano Filippo Calderaro (Colpack).

«Correre con i big è "tanta roba", trovarsi in gruppo di fianco a gente come Gaviria mi ha fatto un certo effetto. L'anno scorso avevo già fatto qualche esperienza con i pro', ma non a questo livello. Correre dall'altra parte del mondo è qualcosa di nuovo, bisogna abituarsi al fuso orario, al diverso clima, alla fatica fisica. Torno a casa con il ricordo del sorriso della gente e il rispetto degli automobilisti. Qui ti suonano solo per salutarti, non come da noi...» conclude il veronese Leonardo Fedrigo (Hopplà Maserati Petroli Firenze).

da San Juan, Giulia De Maio

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