C'ERA UNA VUELTA. L'ANIMA DEL CHAVA

STORIA | 09/09/2017 | 07:32
C’era una Vuelta uno scalatore nato. Purtroppo era nato anche per tante altre cose. Era bello, e gli piacevano le donne. Era pigro, e si allenava meno che poteva. Era un ragazzo, e la notte preferiva passarla in giro piuttosto che a riposare come dovrebbero fare gli atleti. Questo non gli impedì di diventare un grande corridore. In Spagna erano convinti di aver trovato un altro eroe, l’erede di Miguel Indurain. Ma José Maria Jiménez non voleva essere l’eroe di nessuno, voleva soltanto stare bene. Invece stava male.

Quel giorno sull’Angliru sembrava notte. C’era un tempo da cani, la nebbia, la strada faceva paura. Gli organizzatori della Vuelta avevano deciso di sfidare il Giro e il Tour. Avevano sentito parlare di una salita mai vista, dalle parti di La Gamonal, nelle Asturie, a soli quindici chilometri da Oviedo. Quando andarono a provarla per la prima volta, nel 1998, chiusero gli occhi e videro il duello del secolo, la tappa che nessuno avrebbe dimenticato per anni e anni. Marco Pantani contro José Maria Jiménez, il pirata contro il selvaggio, El Chava. Neanche nei film potevano immaginare una trama migliore.
  
Ma il destino ha i suoi percorsi, le sue strade diverse da quelle che avevi in mente. Nel giugno del ‘99, pochi mesi prima di quella tappa mitica, Pantani fu fermato a Madonna di Campiglio, mentre stava per vincere il secondo Giro d’Italia consecutivo. Così alla Vuelta non venne. El Chava invece sì. Quando arrivò nel tratto più duro, la Cueña Les Cabres, mezzo chilometro sempre sopra il 20%, di fianco aveva Heras. Davanti però c’era Tonkov, e aveva più di un minuto di vantaggio. Il selvaggio in quel momento si ricordò di essere nato scalatore, si alzò sui pedali e andò su potente e leggero, fendendo le nuvole basse e facendo luce nel buio. Ci mise un paio di chilometri a prendere il russo insieme alla leggenda. Quando arrivarono al traguardo non ebbe neanche bisogno di fare la volata, il suo avversario era già vinto.
  
Tre anni più tardi, una brutta mattina El Chava telefonò a Eusebio Unzue, il suo direttore. «Non ho più voglia di correre, smetto». Era il 2002, aveva appena compiuto trent’anni ma non sapeva come riempire quel vuoto che sentiva nello stomaco, nella testa, e anche nelle gambe. Qualche volta gli mancava la gente ai bordi della strada, l’ooooh di meraviglia che lo accompagnava sempre in salita, i duelli, i compagni di squadra, ogni tanto pensava che sarebbe tornato ad allenarsi. Certi giorni gli dava fastidio la gente, passava mesi isolato in campagna senza vedere nè sentire nessuno. Altre volte diceva di voler vivere dove nessuno sapeva chi era, e non aveva bisogno di raccontare di quella volta sull’Angliru. Andò a vivere a Madrid, per sentirsi uno dei tanti in mezzo alla folla. A maggio del 2003 sposò Azucena, perché stavano assieme da una vita e forse lo avrebbe fatto sentire meno solo.  
  
«Mi fa male la testa». Così, la sera del 6 dicembre, anticipò la sua morte a suo fratello Juan Carlos. Furono le sue ultime parole. Era ricoverato alla San Miguel, la clinica psichiatrica di avenida Soria, a Madrid. Una casa di cura gestita dalle suore, un luogo che al Chava era diventato più familiare della sua stessa casa. Alle otto e mezza di sera la sua anima dolente lasciò quel corpo da atleta. Lo scalatore che per primo aveva domato il terribile Angliru. L’inferno purtroppo era venuto dopo.
   
Ventesima tappa: Corvera de Asturias-Alto de l’Angliru, km 117,5.
Se siete lì, potete sperare in un panino
: i formaggi sono tutti eccellenti, aggiungete chorizo, lacon e torzino. Non ve ne pentirete.

Se aspettate l’Angliru da lontano, vi regalo un classico in una versione speciale.
https://www.youtube.com/watch?v=e6vgrjKkNnQ

Visto che una tappa così non si corre tutti i giorni (per fortuna), eccovi anche quella emozionante prima volta.
https://www.youtube.com/watch?v=hiBSNivtde0
   
Alessandra Giardini
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COMMENTI
che ricordi
9 settembre 2017 13:31 predaking
Complimenti per l\'articolo, mi ha fatto quasi commuovere.
Quel giorno del \'99 presi ferie per essere testimone della prima scalata dell\'Angliru... Indimenticabile.

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