PROFESSIONISTI | 23/06/2017 | 07:27 Sono tutti d’accordo: Federazione e Lega, corridori e squadre. Tutti attorno al tricolore, per difenderlo, tutelarlo e rilanciarlo. Non è una questione di “ius soli”, di cittadinanza, ma più di nazionalità e nazionale. Di orgoglio e appartenenza tricolore. Di maglia a strisce e azzurra. È una questione di sensibilità, oltreché di ambizione sportiva.
Domenica da Asti a Ivrea, sotto la regia organizzativa di Rcs Sport va in scena la sfida tricolore, che vale la maglia di campione d’Italia. Prima parte in linea (150 km), dopodichè quattro giri di un circuito di 21 km con la scalata della Serra (punte del 15%) per un totale di 236 km.
Negli ultimi anni la corsa tricolore ha vissuto momenti di grande difficoltà, con tanti troppi corridori a casa, anziché al via. Ora la Lega dei Professionisti di Enzo Ghigo e la Federciclismo di Renato Di Rocco hanno deciso: chi non corre gli Assoluti, non veste la maglia azzurra. «È una scelta ponderata e condivisa – ci spiega Davide Cassani, numero uno delle nazionali azzurre -. È una questione di rispetto, soprattutto in un momento come questo, dove il ciclismo italiano in pratica non è più rappresentato da un team professionistico di riferimento. I corridori sono d’accordo, ad incominciare da Vincenzo Nibali, che di maglie tricolori ne ha vinte due, e grazie a lui questa rassegna ha ripreso vigore e valore. Anche domenica Enzo sarà regolarmente al via, per dare una mano al compagno di squadra Giovanni Visconti, che insegue il poker tricolore».
Come mai si è dovuti arrivare alle minacce per garantire un “parterre” degno di questo nome? «Perché spesso i corridori valutano il percorso e se lo trovano poco adatto alle proprie caratteristiche tecniche lo disertano. Come ho detto, negli ultimi anni qualcosa però è cambiato. Nibali ci ha dato una grande mano, il resto l’hanno fatto tutti, ad incominciare dalle squadre. Mettere la regola che chi non corre deve essere in possesso di più che giustificati motivi altrimenti non veste l’azzurro è stato però l’approdo più logico. Se tieni all’azzurro, devi tenere anche al tricolore».
Un segno di rispetto anche per gli organizzatori. «Esattamente».
Tu ci tenevi alla maglia tricolore? «Tantissimo. Mi sarebbe piaciuto da pazzi vestirla, ma ci sono solo arrivato vicino. Una volta quarto (1991, ndr), a San Daniele del Friuli, quando vinse Gianni Bugno. E poi a Prato (1993, ndr), terzo, quando a vincere fu Massimo Podenzana».
Altro problema: chi vince, vestirà poi il tricolore? «Bella domanda. Giacomo Nizzolo, il campione uscente, ha usato per tutto l’anno la sua bella maglia tricolore, grazie al proprio team di appartenenza, l’americana Trek Segafredo. Ma sia Nibali, che Pozzato, che correvano per un team kazako e russo, hanno sempre adeguato la maglia alle esigenze nazionali del team».
Se dovessero vincere Aru, Ulissi o Visconti, si riproporrebbe lo stesso problema. «C’è il rischio, visto che Aru corre per l’Astana, formazione kazaka. Ulissi per gli UAE Emirates, Visconti per il Bahrain: non so quanto tricolore possa essere presente sulla loro maglia. Per certi versi invidio i francesi».
In che senso? «È vero che hanno team nazionali, ma se vincono la maglia tricolore la trattano per quella che è: un simbolo assoluto. Alla quale danno tantissima importante e tanta dignità, tanto da essere quasi pulita, priva di sponsor».
Chi sono i favoriti per domenica? «Percorso selettivo, con il Serra che è una salita vera da affrontare cinque volte. Aru sta bene, così come Visconti e Damiano Caruso. Attenzione a Mattia Cattaneo, Francesco Gavazzi, Dario Cataldo e Gianni Moscon. Incognita per Fabio Felline, che sulla carta può fare davvero bene. Temo, invece, che per Sonny Colbrelli il percorso sia un po’ troppo duro. Diego Ulissi ha la possibilità di fare il colpo, ma è da poco sceso dall’altura e bisogna vedere come il suo fisico si adatterà».
Il 24 settembre, i mondiali di Bergen, in Norvegia. Un’idea ce l’avrà già. «È un mondiale per passisti veloci. Corridori tipo Colbrelli, Moscon, Felline e Ulissi. Anche per un Nizzolo, con il quale dovrò parlare per capire come intende preparare il finale di stagione. Stesso discorso vale per l’oro di Rio Elia Viviani. Insomma, ho delle idee, ma prima pensiamo al tricolore».
Come è stato resa obbligatoria la partecipazione per vestire la maglia azzurra, sia reso obbligatoria indossare la maglia di campione d\'Italia nella forma in cui viene consegnata nella premiazione. Qui però tocchiamo un tasto dolente: Sono forti con i deboli e deboli con i forti!!!!
diretta?
23 giugno 2017 19:23Vale46
ma quale diretta....
strabismo
25 giugno 2017 09:10siluro1946
La federazione minaccia, ma che cosa ha fatto per pubblicizzare questo evento?
Ha invitato giornalisti, acquistato spazi su giornali, partecipato a trasmissioni sportive, finanziato campagne a favore del territorio che ospita l'avvenimento, invitato sponsor italiani e stranieri, aumentato i premi per partecipanti e vincitori? O come sembra, e come sempre, nulla ha fatto.
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