Adesso che Chiappucci sopravvive ormai malinconicamente a se stesso, abbiamo già provveduto a sostituirlo con un Chiappucci d’importazione: Richard Virenque. Il francese è l’esatto alter ego, però con ancora meno vittorie importanti, del nostro ex campione ed ex assessore (diciamo ex e non se ne parli più). Di Chiappucci ha l’ambizione, la volontà, la determinazione, ma come Chiappucci si muove e sommuove per il solo gusto di farsi notare, senza mai chiedersi se tanto clamore sia il modo più intelligente per arrivare al grande risultato. Soprattutto, Chiappucci e il Chiappucci d’importazione sono accomunati da una fondamentale caratteristica personale: non appena si sono affrancati dal ruolo di gregari, si sono subito posizionati un gradino sotto Dio.
Quando al Tour è esplosa la bomba Festina, personalmente ho avuto subito un presentimento: che alla fine della storiaccia, l’ambiguo Virenque l’avremmo accolto e riabilitato noi italiani. Non so dire perché mi venne subito questa idea, ma sarei stato pronto a scommettere qualsiasi cifra. A qualche mese di distanza, dopo il marasma che sappiamo, mi spiace solo di non aver scommesso.
Su questo ingaggio della Polti molto si è discusso e molto si discuterà. Com’è giusto che sia, perché non è un ingaggio qualunque. Già normalmente Virenque corteggiatissima star è un’entità incredibile: una raffica di fughe, peraltro nove su dieci assolutamente inutili, nelle tre settimane del Tour ne ha fatto una sorta di mito contemporaneo, addirittura gli enfatici francesi l’hanno dipinto spesso come il vero antagonista di Pantani. Dev’essere per via di quella maglia a palle rosse, emblema della classifica scalatori, che il buon Virenque ha più volte vestito. Come se gli uomini intelligenti non sapessero che ormai le classifiche degli scalatori premiano tutti, velocisti compresi, fuorché il grande scalatore. Pantani non l’ha mai vinta.Ma è risaputo, in salita Pantani è fermo.
Già si fatica ad accettare Virenque corteggiatissimo campione, figurarsi gli stati d’animo dopo il Tour. A quel punto è venuto fuori anche l’uomo. In un puerile gioco di scaricabarile, il capitano della Festina ha indossato da subito i panni di San Francesco, scaricando compagni, medici, massaggiatori, direttori al loro brutale destino, cercando di uscirne candido come un giglio. Poi, secondo costume personale dei Chiappucci di tutto il mondo, quando ha capito che la parte non reggeva più sotto il peso delle rivelazioni, ha subito cambiato d’abito passando in quello della povera vittima, contro la quale il mondo invidioso congiura. A seguire, il lacrimevole annuncio del ritiro, una sceneggiata da imbarazzare anche Mario Merola, che pure è del ramo.
Chissà, forse qualcuno gli ha pure creduto. Ma gli uomini intelligenti sapevano già che sarebbe bastato aspettare qualche giorno. Difatti, puntuale come gli esattori delle tasse, rieccolo in pista, con la coda degli adoranti manager fuori dalla porta. Una vera e propria asta internazionale per mettere le mani sul fenomeno. Purtroppo - mi viene solo il termine purtroppo - ha vinto Stanga. Le esigenze della Polti, che deve vendere aspirapolveri anche in Francia, hanno portato alla brillante operazione. Ma c’è da chiedersi almeno una cosa: ne valeva la pena? Non è nemmeno il caso di dilungarsi troppo nell’inutile discussione sui risultati pratici. Forse è un’ottima operazione commerciale, perché probabilmente i chiappucciani di Francia compreranno qualche elettrodomestico in più. Sicuramente però è una pessima operazione d’immagine: già il Virenque pre-Tour non ne dava molta, dopo il Tour non ne dà proprio. O vogliamo dire che le vicende estive - il suo agire più ancora del vero e proprio sospetto di doping - hanno fatto diventare Virenque un personaggio amato dalla gente, un modello per i giovani e magari un buon figlio che intenerisce le mamme?
Per qualche aspirapolvere in più - non credo si possa dire per qualche vittoria in più, perché di quelle Virenque non ne ha mai portate molte - una squadra italiana si porta in casa il più discusso e ambiguo corridore del mondo. Questa è la sostanza dei fatti. Poi i gestori dell’operazione urleranno tutte le sacrosante ragioni della loro decisione, chiedendo indignati per quale motivo non si dovrebbe ingaggiare un corridore che in fin dei conti non ha nessuna condanna a carico. Già, perché non si dovrebbe? Difatti, da un punto di vista puramente burocratico, nulla osta. Ma nella vita, per fortuna, c’è qualcosa che vale più delle gelide documentazioni cartacee. C’è quello che siamo, quello che facciamo, quello che diciamo: c’è, in una parola, quella cosa forse un po’ antiquata che si chiama reputazione. Ciascuno se la costruisce e se la porta dietro, giorno e notte, in qualunque posto vada. Magari non sempre corrisponde perfettamente alla realtà, magari non sempre è meritatissima. Nel bene e nel male. Ma è dimostrato: nessuno ha ancora inventato l’aspirapolvere capace di ripulirla.
Cristiano Gatti, bergamasco,
inviato de “Il Giornale”
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