Il 2002, l’anno della svolta, che purtroppo per lo sport e per il nostro sport si incentra ancora sul problema del doping, ci sembra sia cominciato, almeno per il fronte di Firenze, secondo i dettami ed i tempi auspicati.
Le audizioni della Procura toscana, relative al blitz di Sanremo, procedono a ritmo sostenuto e produttivo, stando alle note di cronaca.
Personalmente, in accordo a quanto abbiamo sempre sostenuto e anche sottoscritto in questa stessa rubrica mesi fa, lo snodo chiave e verosimilmente vincente di questa puntata - che ci auguriamo appunto ultima - della lotta al doping è costituito dall’intesa a lavorare di concerto, fra gli inquirenti della legge sportiva e quelli della legge di stato, nello specifico l’avvocato Aiello del CONI ed il pm di Firenze Bocciolini: e consentire così la punizione in tempi reali, degli atleti riconosciuti colpevoli. Con un particolare riguardo per quanti vorranno costruttivamente collaborare.
Il timore di non avere alla partenza del Giro o di una qualsivoglia altra corsa il campione X o il corridore Y non deve in assoluto creare un motivo di rammarico, negli organizzatori e negli sponsor e negli appassionati, che hanno ormai preso tutti coscienza ‘autobiografica’ della gravità della questione: anzi, questo eventuale esito, indipendentemente dai sussurri, dovrà essere salutato come l’approdo ad un traguardo di lecito orgoglio, del genere «abbiamo fatto pulizia, e non a parole, avete visto?». Come un enorme recupero di credibilità.
Appare invece sempre di una lentezza esasperante l’evoluzione del processo di Bologna al dottor Ferrari e ai suoi accoliti, scandito ormai su cadenze bibliche, fra rinvii e assenze, che giovano solo alle esigenze di una diluizione delle responsabilità e di una caduta di attenzione dell’opinione pubblica in merito a quel filone che doveva per contro rappresentare, come intuì lucidamente Sandro Donati, il “vero” processo al doping di Stato o di Parastato, nella nostra storia. Ferrari, ex-conconiano, la Gewiss, i rapporti trasversali con le altre squadre, Bombini, Berzin, Furlan, Gotti, Chiappucci, Argentin...
Ed a tal proposito resta esemplare la fotografia pubblicata da L’Equipe del 15 gennaio ultimo, in un servizio su Ferrari di Philippe Brunel, dal titolo eloquente “L’imbroglio nel sangue”. In questa foto, datata ’93, Ferrari è ripreso, assiso nel suo studio, con indosso una polo con la sigla Ceramiche Ariostea, tanto per non sbagliarci sulla evoluzione e sulle complicità di una storia, ed alle spalle una serie di immagini di Argentin... Quell’Argentin, suggerisce con saggia curiosità la didascalia, “qui, pourtant, n’apparait sur aucun document retrouvé chez lui...». Chissà mai perché.
In realtà, si prova tanta malinconia, va in onda lo sfacelo dello sport, a parlare di questi signori. È un passato, perennemente vivo sia ben chiaro, vergognoso, innanzitutto per i dirigenti e per quanti altri mai di quel nucleo è ancora in attività, sulla nostra e vostra residua buona fede, ma è un passato. Da punire, se ci riusciranno in tempo, ma pur sempre un passato. Un passato che abbiamo perso.
E questo 2002, ancora - almeno un capoverso e due righe di spazio dopo -, sul fronte della lotta al doping, al di là del presente, è cominciato davvero con una apertura di speranza rivolta al futuro.
La Commissione Educazione e Cultura dell’Unione Europea, presieduta da Viviane Reding, ha dato infatti l’imprimatur ai Progetti Pilota per la lotta al doping accettati per il quadriennio olimpico 2001-2004, in prospettiva delle Olimpiadi di Atene. Ebbene, dei 16 progetti convalidati, 6 tedeschi, 3 francesi, uno svedese, uno portoghese, uno belga, ce ne sono ben quattro di matrice italiana!
È bello, l’abbiamo respirato di persona nella prima Conferenza nazionale dei servizi finalizzata appunto alla gestione dei progetti selezionati e finanziati dall’Unione Europea, svoltasi il 10 gennaio nella Sala Giunta della Provincia di Caserta, che ci siano da noi potenzialità e professionalità poliedriche che tendano a fondersi in un unico assunto, nella elaborazione e nella difesa di uno sport migliore. È bellissimo, la verità di una sinergia culturale che da Massa Carrara a Roma, da Modena a Caserta, i quattro vertici europei dell’antidoping italiano, mira a disincentivare la filosofia, la perversione, se non la rete, del doping: a livello informativo, scientifico, didattico, popolare...
Abbiamo potuto rilevare, nella disamina dei quattro protocolli di lavoro, l’entusiasmo e la preparazione a tutto campo di Mauro Bardaglio dell’Istituto Einaudi di Carrara («Prevenire il doping fra gli studenti ed i giovani sportivi»), di Ferdinando Tripi per l’UASL di Modena («Il tallone di Achille, come partecipare senza farsi male»), di Loredana Rosa Uliana per l’UISP di Roma («Dracula») e di Riccardo Ventre, presidente della Provincia, per Caserta («Carta etica dello sportivo»).
Quella Caserta, che è stata altresì investita del ruolo di coordinamento centrale dei progetti stessi.
E ritornando nel recinto del nostro sport, ci sembra intimamente beneaugurale, che questa via italiana all’antidoping, convalidata istituzionalmente dall’Unione Europea e di cui ci sarà modo e tempo per riferire a dovere, nasca in simbiosi, quasi in rosea sintonia, con il Giro d’Italia, così europeo, del 2002.
Gian Paolo Porreca, napoletano, docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare, editorialista de “Il Mattino”
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