Scripta manent
Pedalare alla scoperta del mondo

di Gian Paolo Porreca

Il ciclismo letterale. È stato per noi lo spaesamento letterario perfetto - estatico estivo parolenelvento ventodipassioni - per eccellenza, il ciclismo. Abbiamo scelto di an­dare in bici, andando così in tutto l’universo, che abbiamo intuito alzando gli occhi da terra, a pedali. Perché il mon­do conosciuto, o che valeva la pena conoscere, per noi, noi che venivamo dalla Provincia, anzi dalla campagna, e che non amavamo né mai avremmo particolarmente amato la Città, è stato solo il mondo a pedali.

Un sentiero di campagna, gramigna ed edere, un ponte di legno claudicante a valicare una via vecchia di rovi, Carano il paesino, le rotelle della bici rossa appena rimosse, - il “vaiiii” di un genitore -, era la fuga no­stra, lo spaesamento, primo ed ultimo. Non esisteva mica l’asfalto, ma come destinazione c’era solo uno stradone bianco.
C’era un treno che arrivava, in fondo, giù alla Stazione di Ses­sa Aurunca-Roccamonfina, e una corriera sbuffante, az­zurro scuro. L’autobus di Pet­teruti. Il mondo a pedali, da quando, sessanta anni fa, ab­biamo imparato a leggere, sforzando gli occhi quasi oltre il cuore, e che la norma - la con­trainte come insegna il maestro di cultura e ciclismo Paul Fournel, lui che ad An­quetil e a Blondin dava il “tu” - da correggere era (nella vita) il nostro nome di battesimo: e semmai l’ordine di arrivo di una giornata di corsa sulle Al­pi. Ci saremmo chiamati IRre­golar­men­te in altro modo.

«Mi chiamo Paolo, ma se vuoi puoi chiamarmi anche Pasquale, come il mio ciclista preferito...», dichiaravo con uno spirito avventuroso di chi aveva appena lasciato Tremal-naik e Sandokan ad una ragazzina sulla spiaggia di Lucrino, nel ’55, E già, saremmo stati Pasquale Fornara, da esordiente nella vita, distinto e gen­tile, - Fornara, un ciclista da Borgomanero, dov’è Bor­go­maner­o? -, e poi Andrè Le Dis­sez, francese solitario ed arcano, da adolescente, vinse a Clermont Ferrand, andò in fuga in un Lombardia al congedo, do you remember?, ed alfine avremmo indossato l’aplomb di Gerben Karstens, un olandese borghese, che interpretava bene per noi l’ironia costituita sull’ordine delle co­se e della vita...

Eroe negativo, lui e quel doping d’antan, e noi astrologi perduti negli occhi di una donna, scrittore da giovane. Dissociazione del Personaggio. O diventare for­se, grazie alla bicicletta e al ci­clismo, quello che non riuscivamo a dimostrare fino in fon­do di essere. Spaesamento letterario di stagioni dove il re­pertorio del ciclismo, anzi gli elenchi dei Ciclisti partenti ad ogni corsa erano, se non una melodia, almeno un ritornello. Certo non un salmo, nè un elenco telefonico. Senza vergogna vi riferiamo che uno dei primi ricordi che abbiamo - non riusciamo ancora a sorriderne - è quello di esserci ad­dormentati una sera, da bim­bo, sillabando come un vocalizzo il nome di Vaucher, un ciclista svizzero. Come dicessi “mamma”, o “papà”. (Non ri­dete neppure voi, per cortesia). Molto lontani dalle ispirazioni ciclistiche remote di Pa­scoli e Gozzano, e neanche vi­cini al futurismo di Alfred Jar­ry, che aveva un berrettino con su scritto, per riconoscimento, “Cycliste”, certo affini a Buz­zati e al suo straniamento sentimentale, pure quando narrava ciclismo, abbiamo versato le lacrime più calde sul Bon­done, era il Giro del ’56, perché nella neve di quel giorno - ce lo raccontava una radio grigia, e un giornalista napoletano tanto amato, Franco Scan­done - Pasquale, o “Pa­squa­li­no”, Fornara perdeva la ma­glia rosa. Diventava bianco, pri­mo grande dolore, senza regola di pudore, il passero in­tirizzito Gaul un nemico, il cuore. Non avrebbe più ripreso il suo colore. Salvo, ad ogni maggio, il rosa.

Dal Convegno culturale “At­tenti al Potenziale! Spae­sa­menti d’arte, letterari ed urbani”, CapriEnigma XVIII edizione, Institut Français, Napoli, 22-25 ottobre 2014

Gian Paolo Porreca,
napoletano,
docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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