È il nostro regalo di Natale, quest’anno, il Giro d’Italia a Napoli dell’anno prossimo.
È il nostro regalo, in questi giorni, consentirci di descrivere a pieno diritto il periplo di una corsa e in parallelo il periplo delle nostre fantasie.
Va bene così, cinquanta anni dopo la prima partenza del ’63, e con la discreta certezza che non ce ne sarà una terza, anagraficamente, da condividere.
È il nostro regalo per Natale, noi che ormai anche moglie e figlie ci sopportano a stento, che di illusioni abbiamo svuotato il cuore nostro per riempire quello altrui, il Giro d’Italia, per le strade che abbiamo percorso per un sogno intero di decenni, lungo tanti pomeriggi di sabato e domenica pedalati, nella siesta degli altri.
È il nostro regalo di Natale, la certezza che il primo giorno del Giro 2013 correrà sulle passeggiate splendide che abbiamo mulinato col rapporto medio di giorno, noi che di notte sulle stesse promenades giocavamo all’ultimo Pernod, per carezzare una nostalgia di giornata.
È il nostro regalo di Natale, per tutti quelli, e quelle, che ci hanno tradito o disilluso, «tu e queste biciclette...», quando le bici erano un orpello disdicevole in una città dalla sprezzante borghesia, sapere - ad esempio - che a via Petrarca, dinanzi al clone attuale dello Chalet Panorama d’antan, lì dove truccava il bicchiere un barman di nome Gianni, ci sarà un Traguardo Volante, il passaggio per aggiudicare una nuova insegna.
E che sullo sperone di via Boccaccio, in questa toponomastica letteraria di strade spalancate sul mare e sulla collina di una città fortunata a parole, ci sarà il primo Gran Premio della Montagna. Lì, vicino ad un bar, l’ennesimo, angolo Parco della Rimembranza, dove in un juke-box perduto gettonavamo negli anni ’70 una certa Mersia, Mi manca poco di te...
Mi manca poco di te, e diciamola ’sta bugia, ma quest’anno che verrà non ci mancherà almeno il Giro.
E questo regalo di Natale, sillabato nei giri successivi di un circuito che fa centro nell’emozione di una esistenza intera, fra Mergellina e Posillipo, ci sembra un elisir, un omaggio postumo, ma attribuito miracolosamente in vita...
Chissà se via Posillipo la faranno in salita, dinanzi al Bagno Elena, dove c’era un vecchio ciclista soprannominato o Pescatore perché in estate faceva il bagnino. O, invece, in discesa, con uno sguardo furtivo, sulla sinistra, all’incanto del Parco Gaio: do you remember Ros?
E se l’inevitabile ritrovo “da Ciro” e i taralli degli acquafrescai li troverete all’andata o al ritorno di quel circuito cittadino che Mauro Vegni e Stefano Allocchio stanno approntando come una miniatura.
Vi risparmiamo l’alterigia dei natanti dei Circoli con l’uniforme in bianco e blù: loro, il ciclismo l’hanno acquisito per obbligo, un malcelato disdoro per una aristocrazia indossata ai tavolini verdi, ma vi confonderanno sempre Van Roosbroeck con Van Himst.
L’importante, prima e dopo di tutto, è che per un giorno intero sarà il nostro giorno luminoso, sui viali della giovinezza scaduta, annunciato dalle folate di un inverno gentile, lì dove è sempre stata - per i nostri valori - notte fonda.
Questo regalo di Natale, questo Giro d’Italia che nasce a Napoli, ma lei chissà dove è, è il nostro primo figlio maschio.
Gian Paolo Porreca,
napoletano,
docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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