ENRICO VIII. Qualche settimana fa il numero uno del ciclismo mondiale Pat McQuaid si è presentato al workshop di RcsSport, a Milano per parlare di ciclismo. Per il presidente irlandese quella dello scorso anno è stata la stagione migliore «da quando sono presidente dell’Uci, cioè dal 2005. Non abbiamo avuto scandali doping, le relazioni con i grandi organizzatori sono migliorate e ci sono stati vincitori importanti, fino al trionfo iridato di Cavendish. Stiamo riguadagnando credibilità. Un altro anno così e torneremo sport di vertice». Piccola nota a margine: soprattutto è migliorata l’intesa con l’Aso, i signori del Tour, mentre per quanto riguarda i casi di doping siamo ancora qui che aspettiamo di sapere come andrà a finire la vicenda Alberto Contador. Luigi Perna, bravo collega de La Gazzetta dello Sport chiede: quale peso ha il Mondiale di Cavendish? Il numero uno mondiale del nostro sport non si fa pregare per la risposta: «La Gran Bretagna, prima su pista e poi su strada è diventata una potenza. E il prossimo anno l’Olimpiade a Londra, con Cavendish campione del mondo, porterà almeno un milione di persone sulle strade. Il ciclismo sarà lo sport olimpico più importante per loro, più di atletica e nuoto». Verissimo, nel ranking la Gran Bretagna occupa oggi il quinto posto, e anche per questo che a Copenhagen hanno corso in otto, ma credo che sia un tantino esagerato affermare che: «I Paesi di tradizione storica come Italia, Francia e Spagna devono svegliarsi, se non vogliono restare indietro». Difatti, Spagna e Italia sono avanti, solo la Francia è dietro (undicesima).
E sul caso Contador che va avanti da 16 mesi?... «Dobbiamo trovare una via d’uscita. Ne abbiamo parlato al congresso Wada di Montreal: per accorciare i processi va posto un limite agli argomenti legali da presentare al Tas». Insomma, un tweet di 140 caratteri e non di più. E poi c’è l’idea di un tribunale antidoping internazionale. «Ci stiamo pensando. Il Tas ha fatto sapere che dal prossimo anno non saranno più accettati i ricorsi presentati dalle Federazioni mondiali. L’Uci ha bisogno di un nuovo sistema: un Tribunale come il Tas, ma a un livello inferiore, che giudichi tutti i casi di doping. Se un atleta vorrà opporsi, potrà farlo al Tas. Sarebbe la soluzione migliore, anche perché è vero che ci sono disparità di giudizio tra le varie Nazioni, alcune delle quali hanno interesse a tutelare i propri corridori». Anche qui una nota a margine: bene l’idea di un tribunale sportivo centralizzato, ma non controllato dall’Uci, ma da un organo terzo che deve gestire sia i controlli doping che la giustizia.
Intanto, mentre Pat McQuaid cerca di centralizzare tutto e tutto vuole controllare, ci sono almeno dieci team di World Tour che stanno lavorando alacremente al progetto di una SuperLega mondiale, con la quale gestire le corse, i diritti televisivi e via elencando. «Ci sono dei team manager che si credono Ecclestone…», dice Mc Quaid. Vero, ma il presidente pensa di essere Enrico VIII.
DANNO I VOTI. Hanno iniziato in via sperimentale già lo scorso anno, dal Brixia Tour in poi, ma da
quest’anno i corridori daranno sistematicamente i voti agli organizzatori. Da 1 a 10: alla guida tecnica, alla gestione della scorta tecnica, ai motociclisti dei fotografi, valuteranno la segnaletica della gara, la guida delle vetture al seguito della corsa, le protezioni nelle discese, le protezioni agli incroci, al manto stradale, ai volontari, al dialogo/collaborazione con gli organizzatori, allo staff medico e paramedico, ai responsabili del radio informazioni, alla location dell’antidoping e all’hotel, camere e cena. Insomma, dovranno lavorare come dei matti: prendere appunti e annotarsi tutto per poi stilare le loro inappellabili valutazioni. Un tempo i corridori si mettevano il giornale sotto la maglietta per proteggersi lo stomaco dall’aria, ora dovranno mettersi per lo meno l’iPad per annotarsi tutto ciò che accade in corsa. L’iniziativa è meritoria e l’Accpi ha certamente fatto bene a varare questo tipo di iniziativa atta a migliorare la qualità delle nostre corse. Speriamo solo che venga fatto con rigore, equità e senza favoritismi. Non per il bene degli organizzatori amici, ma per il bene di uno sport che deve crescere anche dal punto di vista organizzativo. Anche noi giornalisti saremo valutati: come driver delle nostre vetture in corsa e non come professionisti chiamati a scrivere di loro sui nostri giornali. Mi sembra già un buon modo di iniziare l’anno. Che dire? Anche questa volta ci è andata bene.
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