Finisce un altro Giro, ha vinto in rosa chi volevamo tutti che vincesse...
Ma ad essere primi, per la loro struggente eternità, restano ancora i gesti di Fausto Coppi, i gesti emblematici del ciclismo. Rivisitati ad ogni ricorso, ma con la stessa intensità di flash-back. 29 maggio 2010, Cima Coppi, Passo Gavia, la montagna più alta dell’edizione 2010, quella delle lastre di ghiaccio e di Massignan, Gaul e Anquetil... Il campione di casa alla fine di una carriera, l’Italiano, Gilberto Simoni, 39 anni ad agosto. In fuga sulla montagna fatale. L’avversario svizzero, lo Straniero, Johann Tschopp, 28 anni a luglio, poca gloria, un cognome avaro di vocali, estraneo e non per colpa sua certo ad un incrocio di emozioni.
E lo sprint sulla (e per la) Cima Coppi, uno sprint mai così intenso per un non velocista come Simoni. L’ultimo desiderio spasmodico di amore, e non solo di successo, svanito. Il sipario che cala d’un tratto.
Quella età che cede dentro e fuori di te. E ti lascia più solo. E di provare amore non ti senti più neanche degno. Ed il ragazzo Tschopp che passa primo di giustezza e agguanta non solo il premio e il titolo relativo, ma l’abbrivio per la picchiata. E via per la più grande giornata della sua vita.
E Simoni che sembra allora quasi tirare i freni, e defilarsi. Lasciare uno spazio sempre maggiore. Non inseguire più chi non fa più la nostra stessa corsa.
«Non gioco più / per davvero / vado via...». Simoni e Tschopp sulla Cima Coppi.
E va in onda per noi quel «Coppi e Darrigade» sul velodromo Vigorelli di Milano, nella volata del Giro di Lombardia ’56. Quel Coppi lì, all’ultimo applauso, raggiunto poco prima del traguardo da una muta di inseguitori tirati da Fiorenzo Magni e poi letteralmente folgorato, senza pietà, da quel giovane francese rampante, Darrigade...
Quel Coppi in maglia Carpano, in pianto dirotto, battuto da un avversario, incredibile, in maglia Bianchi. Un gesto paradigmatico, il Giovane ed il Vecchio...
I gesti di Coppi, al giorno d’oggi. E ci tornava in mente, in analogia perfetta, che la sua parabola sportiva e umana resta un album fotografico e sentimentale perpetuamente illuminato. Come quella splendida mostra itinerante promossa dai Comuni di Tortona e Castellanìa, con l’Associazione Fausto e Serse Coppi, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua scomparsa. E che è stata ospitata anche a Napoli, nell’Antisala dei Baroni, al Maschio Angioino. Sede regale, ampi saloni a dare lustro, per iniziativa degli Assessorati allo Sport ed all’Ambiente del capoluogo campano.
Le sue maglie in esposizione, un mondo di lana antica. Le sue foto di sport, quella del record dell’ora del ’42, con i listelli di legno del Vigorelli che quasi apprezzavi con le mani. O di vita privata, quelle immagini di vita contadina dove una mamma di allora sembra già una nonna. O di dolore, con le cadute: 16, 17, quante... O di dolcezza, con quel bimbo a fianco, dai capelli biondi, tutti siamo stati bambini così, smarrito di fronte al suo idolo...
La mostra di Coppi, a Napoli, nei giorni del Giro. Ed il piacere, inatteso, della visita del sindaco, Rosa Russo Iervolino. Ed il piacere, raddoppiato, di quella visita non occasionale, «Coppi è Coppi ancora», una sosta ad ogni dettaglio. Mentre il seguito dei media locali, semmai, pensava a come strapparle una dichiarazione sul probabile arrivo di Toni al Napoli...
Ed una sosta più lunga dinanzi al lungo resoconto della sua fine, per la malaria non diagnosticata, dopo il safari-tournée in Africa. Una sosta meditata. «Vedete, io sono cresciuta nel mito di Coppi, come tutti gli italiani del dopoguerra d’altronde, e mi sembra di risentire ancora le parole di mio padre, che era docente di Malattie Tropicali alla Università La Sapienza, ed il suo rammarico, “Gesù, ma bastava un po’ di chinino, come si fa a perdere Coppi così...”», le parole del Sindaco.
I gesti di Coppi. Le parole per lui. Mai banali. Sempre legate ad una parte, e ad un tempo, migliore di noi. È Cima Coppi. Come sul Gavia, anche qui di fronte al mare.
Gian Paolo Porreca,
napoletano,
docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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