Gatti & Misfatti
Se vogliono il numero

di Cristiano Gatti

Caro direttore, so già che quando leggerai questi “Misfatti” alzerai subito il telefono e mi chiamerai. Più o meno, conosco le parole che userai. Mi inviterai alla prudenza, mi chiederai di la­sciar perdere, mi rinfaccerai che un mio credo inossidabile è non lasciarci mai trascinare a certi livelli penosi…

Ecco, ti precedo: lascia sta­re quel telefono. Non mi chiamare. Nessuna esortazione, stavolta, sarà accettata. Hai solo una via d’uscita: prendere questi “Misfatti” e buttarli nel vicì. A quel pun­to, però, chiediti se abbia an­cora senso continuare questa bella avventura comune.

Non ti credere. Costa mol­to anche a me proseguire, perché so benissimo che alla gente importa poco que­sto genere. Però proseguo: dopo averci molto pensato, vinco il fastidio che queste co­se ispirano e vado sino alla fi­ne. Perché? Perché, diavolo, c’è un limite a tutto. Persino agli impuniti della squadra Rai.

Voglio che la gente, almeno, sappia come funzionano certe cose, dentro questa squadra del servizio pubblico. E sottolineo pubblico, soprattutto a loro, che non se ne ricordano mai, utilizzando tempi e luoghi della collettività per fare i comodacci privati, manco fosse casa propria.

Un caro amico, ultimamente, mi ha posto una do­manda molto elementare: ma com’è che tu, Stagi e Costa non comparite mai nel­le trasmissioni Rai? La do­manda è ricolma di candore. Anche se il caro amico conosce benissimo la risposta, dun­que tanto candido non è. Allora: a beneficio dei lettori di questa pregiata rivista, una delle due più autorevoli, diffuse, lette e ri­spettate dell’ambiente ciclismo, dico chiaro e tondo che non c’è una spiegazione logica. Tutti quanti de­vono almeno sapere che Co­sta, Stagi e Gatti non sono fan­tasmi, che alle corse ci so­no, che non scrivono di ciclismo per sentito dire, standosene rintanati in qualche ufficio milanese o bolognese. No, al Giro d’Italia ci siamo, esattamente come gli inviati dei maggiori giornali italiani. Ep­pure, tra tutti questi inviati, siamo gli unici a non ricevere mai il gentile invito a presenziare sul palco dei dibattiti pre o post gara. Molto rigorosi nei loro criteri d’invito - un giornalista a tur­no purchè ci vengano tutti - , i cervelli Rai dimenticano da due anni soltanto noi tre. Altri, durante un Giro d’Ita­lia, tornano ma­gari al Pro­cesso due o tre vol­te. Noi non entriamo mai nem­meno la prima volta. Fos­sero loro al nostro posto, parlerebbero di censure e di editti bulgari. Fa­rebbero le vittime e i martiri della libertà. Io, per quanto mi riguarda, non ne ho la minima intenzione: semplicemente, li ringrazio di evitarmi certe comparsate in certe trasmissioni ridicole, dove vale sempre la regola di quel grande saggio che è Arthur Bloch, “non di­scutere mai con un cretino: la gente potrebbe non notare la differenza”. Detto questo, pe­rò, in linea di principio ag­giungo una seconda cosa: questa bella gente del servizio pub­blico, e ribadisco pubblico, è semplicemente vergognosa.

E’ chiaro che da parte loro non posso aspettarmi al­cuna riflessione seria e serena. Loro vivono con la testa nel video, vanitosi e narcisi, convinti che soltanto il vi­deo possa assegnare a un uo­mo un posto e una dignità nel mondo. Dunque, saranno convintissimi che queste righe nascano dalla mia rabbia in­controllabile per non poter entrare nel loro paradiso terrestre. Li lascio volentieri alla loro convinzione. Continuo soltanto a beneficio dei lettori di tuttoBICI, cui tengo quanto a quelli del mio giornale. Voglio solo chiarire loro che il direttore e i collaboratori di questo mensile non si meritano un simile trattamento. Po­trebbero accettarlo da una re­te privata, che in casa sua in­vi­ta e non invita chi gli pare e piace. Ma il servizio pubblico è un’altra cosa: ha qualche re­gola di comportamento. La pri­ma, nel caso specifico, la capiscono anche i babbei: Sta­gi, Costa e Gatti possono es­sere odiosi e ripugnanti, ma le antipatie personali devono re­stare fuori. Se una trasmissione pubblica invita tutti i giornali, deve invitare anche tut­toBICI. Non ci piove. In caso contrario, siamo nel campo puro e semplice della mafietta, dove un paio di capettini si prende le sue ripicchine, pi­sciando in testa alla sacralità del servizio pubblico. Punto. Non esiste un altro modo di definirli, questi capettini: so­no vergognosi, e che il diavolo se li porti.


E’ovvio che a un lettore di tuttoBICI, dopo que­sto monologo, resti aperta una semplicissima do­manda: ma perché non invitano soltanto voi? La lascio alla fine perché il perché dovrebbero spiegarlo i capettini Rai. Io posso avanzare solo un’i­po­tesi: casualmente, Costa, Stagi e Gatti li criticano. Qualche volta, ma tu pensa, ci fanno sopra persino dell’ironia. Però l’ho detto: questa è solo un’i­po­tesi. Magari si tratta invece di una pura coincidenza: in realtà loro ci vorrebbero tan­to, in nome di un sano gusto del contraddittorio, ma purtroppo non trovano mai il numero di telefono per invitarci. Solo il nostro. Se è così, sono pronto a chiedere pubblicamente scusa per ogni malevola considerazione. Soltanto, non so spiegarmi come il numero riescano sempre a trovarlo, quando devono insultarci.
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