Gatti & Misfatti
Povere vittime

di Cristiano Gatti

Vorrei usare quest’ultima pagina per erigere un mez­zo monumento a Ivan Basso. Se avessi una portineria, gli erigerei un bustino in bronzo, così da metterlo in posizione privilegiata, subito all'entrata, perché tutti possano notarlo. Purtroppo, sono dotato soltanto di uno spazio in fondo al mensile, dove la gente arriva - se arriva - già stanca e stremata: di questo il vecchio Ivan deve accontentarsi.

Quel poco che ho, comunque, glielo dedico di vivo cuore. Sento di doverglielo. Senza tante cerimonie, vo­glio riconoscergli un merito gigantesco: ha preso la sua sber­la e se la gratta in dignità. Qualche parola andrebbe spesa sulla sberla, che alla lu­ce di quanto successo dopo il suo caso la fa sembrare persino eccessiva. Ma non voglio farla troppo lunga. Resto tra quelli che sin dalla prima ora giudicano meritatissima la punizione, e non tanto - o non solo - per il reato commesso, quanto per le bugie a raffica raccontate in lunghi mesi d'inchiesta. Sommando reato e aggravante, Basso è fi­nito nel frantoio. Carriera in frantumi, futuro tutto da in­ventare, un lungo periodo di solitudine a macerarsi sui propri errori e sui perchè della vita. Ben gli sta, direbbe qualcuno. A me, di infierire su chi soffre, su chi è debole, su chi ha perso, non è mai piaciuto. Non ci trovo il minimo gusto. Chi mi ha insegnato i segreti del mondo mi ha pure detto che bisogna essere forti coi for­ti, anche se comporta un sacco di svantaggi e di scocciature.

Ma perché addirittura un monumento a Basso? In fondo, è un condannato. Gli facciamo pure il bustino, dopo quello che ha combinato? Sì, glielo faccio io. A costo di passare per poco di buono e truffaldino. Ma niente mi im­pedisce di osannarlo a squarciagola per come ha incassato e per come sta scontando la sua pena. Ivan è un fuoriclasse dell'epoca contemparanea: unico al mondo, non si considera vittima. Nè martire, nè eroe.

Riconosciamolo: è un pan­da del ciclismo. Ultimo esemplare, senza successori. Ha preso il tram in faccia, ha chiesto scusa, ha detto pubblicamente “ho sbagliato”, quindi è risalito in bicicletta per purgare nei lunghi allenamenti solitari le sue vergogne. Nel frattempo, ci ha messo anche dell’attività equa e solidale, a favore dei bambini. Il che non guasta. Perché dimostra che anche senza decreto del giudice si può comunque usare la pena per attività socialmente utili.

Con il suo atteggiamento, Ivan acquisisce un merito enorme: rompe la monotonia insopportabile dell’ambiente. Questo, il motivo vero del monumento. Qui lo dico e qui non lo nego: io non li reg­go più. Ovunque mi giri, tro­vo una vittima. Vittima del si­stema, vittima delle regole, vit­tima dei complotti. Una pletora di gente lamentosa e pure arrogante che rialza la cre­sta sempre allo stesso mo­do: mi hanno incastatrato, pa­go solo io, guarda caso i medici e le squadre non pagano mai. L’ultimo, Rasmussen. Perfino Rasmussen. Ma la li­sta è interminabile. Se è ne­ces­sario, posso proseguire. Va­do a mente. È una povera vittima Landis. È una povera vittima Vinokourov. È una povera vittima Schumacher. È una povera vittima Hamilton. È una povera vittima Heras. E Sinkewitz? E Jaschke? E Sevilla? E Botero? Sono vittime, povere gioie. Persino Val­verde e Contador, che dovrebbero solo accendere ceri alla Beata Vergine: in modo preventivo, sono già vittime pure loro. Tutti vittime. Tutti capri espiatori, tutti stritolati dal sistema, tutti obbligati a fare certe cose dai manager farabutti, tutti costretti a fare così perché così fan tutti, tutti co­stretti a pagare per gli sporchi giochi politici, tutti innocenti perché quel giorno faceva mol­to caldo e i valori col cal­do si sballano, come peraltro dimostrerà il perito con macchinette molto più efficienti, eccetera, eccetera, eccetera. Quando li pizzicano, prima ancora che parlino, già si po­trebbero scrivere le loro interviste. Una prevedibilità insopportabile. Mai un guizzo, mai un colpo d’ala. Sempre le stesse bischerate. E quando proprio non sanno più che dire, pronti con la parola chiave: Pantani. Un bel parallelo con Pantani e il pacchetto è confezionato. Vergogna, come si fa a far soffrire così un povero ciclista?

Viva Basso, viva Basso, vi­va Basso. Viva quelli che sbagliano e che pagano in silenzio. Viva quelli che non vogliono stravincere. Viva quel­li che hanno il pudore e il buongusto di non rompere l’anima, dopo gli ingenti dan­ni provocati all’ambiente, con presuntuose richieste di comprensione, di riabilitazione e magari pure di risarcimento. Fossi io il presidente mondiale del ciclismo, lancerei subito una norma: lo sconto per buo­na condotta. Meglio: per condotta silenziosa. Una cosa sem­plicissima: chi riesce a trascorrere almeno la metà della pena senza squassare i santissimi con i suoi lamenti, si ve­de condonata l’altra metà del­la pena. Un semplice incentivo, come profilassi ambientale. Ci consentirebbe almeno di vivere in pace questa tetra stagione di penitenza collettiva. Ma è evidente: nessuno mai prenderà un provvedimento simile. E io tanto me­no sarò mai capo del ciclismo mondiale. Per cui, Basso si ac­contenti. Posso riservargli so­lo queste righe. È una pagina in fondo, dopo tutto il resto. Non è nemmeno un bustino in portineria. Ma Dio solo sa quanto se la merita.
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