Tanto per restare in qualche modo agganciati agli straordinari Giochi olimpici invernali di Torino 2006, segnaliamo un’occasione mancata dal ciclismo per “entrare“ in qualche modo nella manifestazione e godere in qualche modo di una luce riflessa. Ma prima segnaliamo di essere stati - temiamo - i soli ad avere ricordato, in quei giorni, su La Stampa che a Torino è il quotidiano per eccellenza, come l’organizzazione, nel suo reparto “sensibilizzazione popolare”, avesse del tutto scordato Fausto Coppi. Ci hanno regalato i loro ringraziamenti alcuni ciclofili, ma si è trattato di poca cosa.
Ma entriamo in tema. Abbiamo detto di occasione mancata, e ci spieghiamo. Il secondo sport di tutti gli sciatori, siano nordici che alpini, è il ciclismo. I fondisti poi non solo lo praticano eccome nei mesi estivi, ma lo ritengono sport fratello (fra i discesisti sta facendosi strada il motocross, il trial da strade di montagna: magari bellissimo, sicuramente più comodo del ciclismo).
Erano accreditati ai Giochi (chi scrive queste righe non ha fatto parte di questo gruppo) giornalisti anche esperti di ciclismo, facilmente avrebbero potuto agganciare, con interviste che fra l’altro sarebbero risultate interessanti, i campioni dello sci nordico e alpino al ciclismo: fra l’altro tutti questi sciatori sono esperti di ciclismo, tifosi di ciclismo, lettori di ciclismo. Ma i capi del giornalismo sportivo vogliono sapere se quel fondista tifa Juve, quel discesista tifa Inter, non se quei due amano il ciclismo.
Onestamente, non abbiamo letto tutto e neppure molto di quanto scritto sulle gare di Torino 2006 dai nostri colleghi italiani. Ma stando almeno ai titoli sui giornali, proprio non ci risulta nessun aggancio di questo tipo. E quando, nella telecronaca della 50 chilometri di fondo, l’ultimo giorno, Stefania Belmondo ha parlato in diretta di ciclismo, di quanto le piace, di quanto i fondisti lo sentono vicino, subito c’è stata una divagazione sul doping, male comune - sia detto - a gente che è chiamata nello sport a grandi fatiche.
Ma si potrebbe anche decidere che ogni iniziativa ai Giochi invernali pro ciclismo sarebbe stata inutile e persino scortese, visto che c’era già molto di più di una semplice intervista ad un atleta per evocare il mondo della bicicletta: il presidente della federazione italiana sport invernali di cognome fa Coppi (Gaetano).
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Non molte righe sui giornali italiani per dire che Lance Armstrong ha lasciato Sheryl Crow, che il ciclista dei sette Tour de France ha lasciato la cantante del primo grande pop made in Usa, che è finito l’amore che portò il campione texano a lasciare la trepida moglie infermiera che gli ha pure dato dei figli. La cantante ha un bel po’ di anni più del campione, ma non ci sono dei particolari a spiegare se questa differenza anagrafica ad un certo punto sia divenuta pesante, sia all’origine della fine di un presunto grande amore. O se c’entri anche la salute di Armstrong, che ha avuto i suoi problemi e che ha patito conseguenze anche e soprattutto chirurgiche per questo, e sul piano anche sessuale. O la salute di Sheryl, che ha fatto sapere di avere un tumore al seno, con Lance che le ha subito porto auguri affettuosi. O se Armstrong si sia innamorato di un’altra, magari nuovamente di sua moglie.
L’assenza in questo caso di velleità gossipare, di quelle che ad esempio non perdonano niente a Cipollini, sicuramente ha delle spiegazioni, ma non riusciamo a delinearle bene. O forse c’entra la modestia, c’entra il pudore del ciclismo che ha paura di agire sopra le righe, e proprio per questo nei riguardi di certe faccende prende dei provvedimenti a priori, e ad esempio fa sì che le righe siano poche.
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Un’idea: c’è qualcuno capace di mettere Valentino Rossi su una bicicletta? Su una Ferrari lo hanno messo, e ammettiamo che è stata un’idea al tempo stesso bella e facile. Ma perché non offrirgli una bicicletta e cercare di averlo, almeno per un poco, dalla nostra parte?
Oppure bisogna aspettare il ciclista Prodi per combinare qualche cosa di extra a pro del ciclismo? Possibile. Per poi magari dovere subire i finti ciclisti improvvisati che si fanno belli di pedalare con lui.
Valentino Rossi sarebbe un colossale acquisto. Magari adesso costa così caro che lo si può avere gratis: nel senso che, siccome di denaro non si può discutere, tanto vale confidare in un empito di simpatia collaborativa. Andare da lui e dirgli: “Esaltando la moto, aspirando all’auto e concedendoti alle sue offerte, offrendo il tuo grande personaggio alla motorizzazione, forse hai portato via qualcosa al ciclismo, hai fatto più salato il sudore dei ciclisti, hai tolto qualche bici da sotto le chiappe di qualche giovane. Siccome sei sportivo vero, ragazzo intelligente, amico di tutti, amicissimo dei semplici, ricordati della bicicletta”. Non si rischia niente, magari si ottiene qualcosa.
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