Il Giro d’Italia del 2006, dal profilo tanto arcigno e prodigo di agguati altimetrici e riferimenti emozionali, dal Gavia al Bondone, ha suscitato una discreta amarezza, come è noto, negli appassionati del Sud, che si sono visti costretti ad un anno sabbatico non desiderato, nella speranza pallida di poter rivedere nel 2007 la corsa rosa sulle loro strade.
Questa oggettiva considerazione, dopo aver incassato noi per primi il dispiacere, ed al di là di interpretazioni pretestuose o peggio ancora di sottolineature vittimistiche, deve rappresentare però la dolorosa pietra angolare da cui - con un doveroso esame di coscienza, e di autocritica, innanzitutto -il ciclismo delle regioni centromeridionali può riprendere una sua saggia strada.
Cari amici, ma se si guarda ancora al ciclismo maggiore, quello del Giro d’Italia tanto agognato, come ad una manna dal cielo ad ogni anno solare, cosa si è mai fatto - in terra... - dunque, da parte nostra, e con questa devolution che incombe, per meritarlo ?
Lasciamo la risposta a questa domanda retorica agli organizzatori che hanno rinunciato alle loro corse storiche, o le hanno affittate ad incompetenti e truffatori, agli sponsor che pretendono solo il palcoscenico televisivo, ai politici che promettono e non danno poi spessore alle promesse stesse, e forse ai giornali stessi, in perpetuo ossequio al calcio o agli sport che facciano rumore, dai motori dei troppo ricchi al wrestling dei poco .
Ed allora iniziamo a scrivercelo in prima persona il futuro, per un Giro d’Italia che non possa mai più essere un Giro di mezz’Italia, e semmai pure per una Tirreno-Adriatico che non si fermi al Garigliano, mettendoci un contributo nostro: costruendo qualcosa di concreto, di propositivo, di originale. Distanti da un passivo assistenzialismo a la buena de dios, da questuanti dichiarati.
E parliamone, dando ad eventuali iniziative il giusto risalto, come a scomputo almeno morale per un debito mai troppo onorato con il ciclismo maggiore, come il Giro d’Italia 2006 ha (senza volere) rammentato.
Ed eccovi, ad esempio, il Progetto Solidale, questa challenge a punti in più prove - una per regione - che vedrà nel 2006 la partecipazione di dieci regioni centromeridionali ed insulari, e che nella edizione di rodaggio del 2005 ha salutato il successo del napoletano Maddaluno, con una vittoria finale in Sardegna, nel 1° Giro dell’Isola di San Antioco: e per inciso che bello, nel ciclismo e mica solo in quello meridionale, leggere ancora un numero «1» l’esordio di una storia, non solo una continuazione...
Una iniziativa, questa, promossa da Giuseppe Cutolo, presidente del Comitato ciclistico campano, riservata per il momento agli juniores, e che è aperta alle altre regioni d’Italia.
E sarebbe esemplare che a tale progetto, in una ottica di pari opportunità che la Federciclismo di certo vorrà sostenere, davvero collaborassero in un domani prossimo TUTTE le regioni italiane. Progetto Solidale: un Giro d’Italia all’incontrario, con una impronta forte consolidata proprio sulle strade del Sud.
Ed ecco ancora, stavolta sul versante professionistico, una seconda apertura intrigante, e lo spalancarsi di nuovi orizzonti, con la scoperta di Ischia quale territorio ideale per il ciclismo d’inverno: diritti di prima esperienza alla Naturino-Sapore di Mare, grazie all’intuito ed alla passione di Giovanni Longobardo, un broker che ha scoperto il ciclismo solo a quarant’anni - «purtroppo...» - ed ha portato il team di Vincenzo Santoni in ritiro all «Hotel Ischia e Lido» fra il mare e la pineta...
In quella mite isola d’Ischia, terra promessa del turismo tedesco e dei ciclisti di tutto il mondo, che per il momento, in attesa di veder un giorno pedalare per i suoi panorami, tra i Maronti e Forio, Jan Ullrich, comincia ad imparare quantomeno Antonio Murilo Fischer.
Gian Paolo Porreca,
napoletano, docente universitario di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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