IL PROBLEMA E' LA MISS
di Cristiano Gatti
Di sicuro non è il primo dei problemi in questa penosa stagione del ciclismo, di sicuro Jakobsen ed Evenepoel avrebbero un’altra priorità, ma a me questa trovata francesissima di abolire una miss sul podio del Tour per sostituirla con un maschio, il mister, sembra davvero ragguardevole. Da morir dal ridere, se loro non fossero così tremendamente seri.
Volendo essere primi in tutto, anche se non lo sono, i francesi hanno voluto essere i primi a demolire una tradizione - bella o brutta che fosse - per mettersi in regola con il nuovo politicamente corretto, lo stesso che ha portato l’azienda svizzera a sgombrare dai suoi scaffali il dolce moretto per aderire alle battaglie contro il razzismo.
Vorrei essere molto sincero: a me, delle miss, variamente aggiornate nelle varie stagioni dei costumi, prima con le chiappe di fuori, poi castigate, poi intellettuali, non è mai importato niente. Trovo anzi patetico il rito del corridore, il più delle volte di mezzo metro più piccolo, che viene baciato come un povero idiota da queste due stangone sul tacco 12, con tanto di rossetto rigorosamente stampato sulle guance, come il sigillo di qualità sui prosciutti e sui formaggi grana. Magari quello è un fenomeno che ha appena staccato tutti di un quarto d’ora sul Mortirolo, in pochi secondi diventa lo zimbello dell’intero circondario, con tanto di diretta in mondovisione. Non la trovo una scena incresciosa o offensiva, per niente e per nessuno: la trovo semplicemente grottesca. Punto e basta. Tant’è vero che preferisco alla grande le cerimonie di Formula 1 e MotoGp, per fare degli esempi concreti: inni nazionali, bottiglioni che sparano bollicine, coriandoli e fotoflash. Il campione celebrato come un eroe moderno, non come una macchietta.
Detto questo, tanto perchè non si dica che sono troppo affezionato alle miss, resta in tutta la sua assurdità e la sua stucchevole ipocrisia questa decisione del Tour, annunciata e presentata come l’ultima conquista della civiltà, come l’ultimo passo avanti nelle battaglie della giustizia e della parità. L’idea che per sanare il vulnus sessista delle ragazze usate come soprammobili, o come premi accessori, o come oggetti decorativi, basti toglierne una e sostituirla con un maschio, a me sembra esilarante e francese, e per francese intendo soltanto forma, forma, forma, al diavolo la sostanza.
Ovviamente l’innovazione è talmente densa di significati che è anche difficile, almeno per me, coglierne tutto il senso profondo. Una femmina e un maschio per sottolineare la parità dei sessi? Se sì, vogliamo però dire almeno che è una parità al ribasso, nel senso che mette anche il maschio sullo stesso infimo livello del soprammobile decorativo?
Andiamo, non raccontiamocela: ancora una volta il Tour e la Francia hanno scelto la via più corta e più plateale per lisciare il pelo alle lotte sociali, adeguandosi ai nuovi comandamenti integralisti - e parecchio ottusi - che non permettono nemmeno più di parlare in modo lineare e corrente, perché ormai la gente deve stare molto attenta alle parole, anche se là fuori, in giro per il mondo, le ingiustizie e le emarginazioni dilagano in tutti i modi e a tutti i livelli.
Comunque quelli del Tour vogliono sentirsi dire bravi, questo è fuori discussione. Bisogna dirglielo, altrimenti c’è caso che la vivano come una mancanza di tatto e di gratitudine. Nelle banlieu hanno l’inferno sociale, ma sul podio della gara sono esemplari: un uomo e una donna, uniti nel comunque ruolo di valletti e di camerieri. Complimenti per la soluzione. Io, ad essere sincero, avrei approfittato per abolire del tutto la tradizione, lasciando le miss maggiorate e compiacenti all’epoca di un altro mondo e di altri costumi. Mi sa tanto però che la mia è una ridicola fantasia. Mi sa tanto che invece il Tour, ancora una volta, farà scuola: conformisti e striscianti come sempre, già mi vedo file di organizzatori adeguarsi al nuovo protocollo. La motivazione sempre la stessa, nel segno dell’intelligenza più luminosa: il Tour fa così, non si può fare diversamente.