Non so cosa ancora debba succedere in quei verminai che sono ormai le gran fondo, perché qualcuno si senta in dovere di chiuderle una volta per tutte. Passa il tempo, se ne scoprono di ogni genere, eppure nessuno ha il coraggio di muovere un dito. Mi rivolgo direttamente al presidente federale Ceruti: proprio lei, che sta raccogliendo censure e insulti ovunque per la sua cocciuta lotta al doping, non ha nulla da dire sul malcostume vergognoso di questo settore?
In attesa di una risposta, se mai arriverà, vorrei chiarire questa mia uscita, che non è la sfuriata di uno psicolabile rimasto troppo a lungo sotto il sole estivo, ma semplicemente la reazione indignata nei confronti di un ambiente particolare, per sua natura destinato alle cose più alte e più belle del tempo libero. Sissignori, conviene ripeterlo, perché qui se lo sono dimenticato tutti: le gran fondo nascono come serena occasione di raduno per tanti appassionati della bicicletta che non hanno più l’età, o la voglia, o il carattere, o le attitudini, o la filosofia dell’agonismo. Per quello, per l’agonismo, le attività federali - e non - coprono già tutto il copribile: dall’asilo all’anticamera del cimitero, un individuo che coltivi la voglia di gareggiare ha solo l’imbarazzo della scelta. Ebbene: nonostante questa monumentale offerta, c’è un sacco di bella gente - priva di senso del ridicolo - che sceglie di fare il campione tra impiegati e postini, tra casalinghe e tappezzieri, tra insegnanti elementari e presidenti di commissione europea.
Ma lo vediamo, cosa sono diventate le gran fondo? Apparati organizzativi professionali, sponsor che tante corse professionistiche si sognano la notte, percorsi da tapponi rosa o gialli, ma soprattutto loro, le primedonne d’avanspettacolo, gli ex professionisti. Gli organizzatori fanno a gara per averli al via, li coprono persino di denaro, una cosa dell’altro mondo. Alla fine, mezze tacche che nel ciclismo vero avevano raccolto solo figuracce patetiche, improvvisamente e incredibilmente, diventano delle star. Partono, “fanno la corsa”, si battono come Armstrong e Ullrich, senza averne nè la stoffa, nè la simpatia. Una carnevalata, ecco che cosa sono le gran fondo. Maschere di Viareggio a grandezza umana tirano medie improbabili e inverosimili, davanti alla platea sterminata e impotente degli adiposi in gita domenicale. Uno spettacolo diseducativo per ragazzini e famiglie, una cosa pietosa di cui dovrebbero vergognarsi prima gli organizzatori, e subito dopo i draghi del primo gruppetto. Invece hanno pure il coraggio di stilare ordini d’arrivo e di premiare i più forti. Poi, però, assistiamo anche allo sconvolgente epilogo. Cito l’ultimo, tratto da un dispaccio di agenzia che mi sono tenuto: «L’ex corridore professionista Alessandro Baronti è risultato positivo (gonadotropina corionica) ai test effettuati alla “Nove Colli”, da lui vinta il 18 maggior scorso».
Ma ci rendiamo conto, oppure ormai ci possono anche dare coltellate e nessuno più dice niente? Si dopano per vincere le gran fondo: dice niente questa astrusità? Si dopano per battere Prodi e il geometra del comune: è una cosa normale, per gente normale in un Paese normale, questa? Dice: ormai il doping è dappertutto, nel ciclismo, cosa vuoi farci. Ecco: mettiamola così. Ormai al doping siamo talmente abituati, che anche se un blitz dei Nas alla gran fondo delle Dolomiti trova bagagliai pieni di roba ci sembra del tutto pacifico. Pacifico? Te lo dò io il pacifico. Già è dura accettare che la farmacia abbia guastato il grande ciclismo, ma davvero non si può tollerare che entri e avveleni anche la ricreazione. Non esiste, non può passare. C’è un solo rimedio: chiudere tutto. Basta. Chi vuole fare del moto, lo faccia a casa sua, con gli amici suoi. Se invece non si vuole mortificare l’impeto organizzativo delle società di base, allora si impedisca categoricamente di stilare l’ordine d’arrivo. Alla fine, una bella bibita, una medaglia d’oro finto e un biglietto con scritto quanto tempo ci hai messo: così, per tua cultura e magari per tua soddisfazione personale. Poi però tutti a casa, che il lunedì bisogna tornare a lavorare.
Purtroppo temo fortemente che nessuno osi mettere mano alla questione, perché la questione ormai è troppo ingrossata e ingrassata. Ma sbaglia il presidente Ceruti a lavarsi la coscienza con qualche controllo antidoping: i controlli non servono, vada a farne di più nelle categorie dell’agonismo, dove davvero sono necessari: qui bisognerebbe solo spazzare via la volgare parodia della grande gara. E sbaglia pure il cittì Ballerini, che va a queste pagliacciate sfilando in pompa magna, rendendosi complice e gettando benzina sul fuoco della vanità di troppa gente impazzita. Se ha del tempo da perdere, se vuole promuovere il suo sport, gli dò un consiglio gratis: giri per le scuole. Almeno li educhiamo da piccoli, sperando che non si guastino strada facendo.
Un’ultima riga. Se qualcuno trova esagerato questo scritto, vada tranquillamente al diavolo. Ci sono questioni che per la loro stessa natura risultano molto più scandalose di altre. Serve un esempio? Eccolo qui, per i duri di cervice: considerato che ormai la droga dilaga nelle discoteche dei giovani, accetteremmo serenamente che alla festa parrocchiale girasse l’ecstasy?
Cristiano Gatti, bergamasco, inviato de “Il Giornale”
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