Editoriale
Ricordate le estati di una volta? Secchielli e palette, calamari e gamberi, bici e pedalò. E a Ferragosto tutti sulla spiaggia a vedere i fuochi d’artificio di mezzanotte. Insomma, l’estate era un magnifico contenitore vuoto riempito di nulla militante. Altri tempi.
Oggi sono cambiate mode e abitudini, ma nella grande estate ciclistica c’è sempre il Tour de France, la corsa delle corse, l’obiettivo per eccellenza. Anzi, pian piano il Tour ha accresciuto il proprio ruolo, il proprio fascino, tutta la stagione ciclistica ormai ruota attorno a questo appuntamento, che ne scandisce l’andatura.
Per noi italiani è una dolce ossessione. Se non lo vinciamo da trenun anni ci sarà pure un motivo, no? Un pensiero debole che dice molte cose pesanti. Dice tutto sull’epoca seguita a Felice Gimondi, che nel 1965 sfilò in giallo per i Campi Elisi. Un’epoca di buio totale, segnata da imboscati e scansafatiche. Spesso il Tour l’abbiamo evitato, altre volte ci siamo andati per rimediare modesti piazzamenti. Era l’Italia del Giro senza le salite, furba e calcolatrice, tanto miseramente orgogliosa da evitare il più grande confronto internazionale: quello del Tour de France.
Poi è arrivato Gianni Bugno. Per cinque anni (dico cinque), il monzese ha corso sia il Giro sia il Tour. In Francia ha preso randellate memorabili, ma ha regalato anche grandi soddisfazioni. Se è diventato quello che è diventato, molto lo deve a questo suo indissolubile amore per la più grande corsa a tappe del mondo. «Solo chi vince lì - ebbe a dire in più di una circostanza, anche con la maglia di campione del mondo - può definirsi campione». In questa ossessione gialla ci è caduto (in piedi) anche Claudio Chiappucci, che in Francia ha segnato pagine memorabili; il pubblico francese e quello spagnolo lo hanno accolto, anche quest’anno, come uno dei più grandi interpreti del Tour. E questa dolce ossessione spera di riviverla Marco Pantani, l’ultimo italiano capace di salire sul podio (1994, terzo posto).
Trentun anni, francamente troppi!, durante i quali nessun campione nostrano si è mostrato in grado di raccogliere la sfida. E così mentre i Moser e i Saronni la facevano da spettatori (Moser lo disputò solo nel ’75, settimo in classifica generale, maglia di miglior giovane), il Tour è diventato rovente scenario per ben altri protagonisti. Merckx, innanzitutto, che al pari di Anquetil aprì un ciclo di quattro successi consecutivi. Tirò il fiato nel ’73, quando lasciò il giallo a Ocaña, ma si rifece l’anno successivo centrando una clamorosa cinquina. Dallo strapotere del fuoriclasse belga alle straordinarie impennate del fiero bretone Hinault. Ultimo, ma non ultimo fra i grandi interpreti del ciclismo recente, lo statunitense Greg Lemond: occhi di ghiaccio, potente ma non impeccabile in sella. Poi Miguel Indurain, il Pentacampeon.
Sul fascino del Tour si è disquisito a lungo e si sono ingaggiate sterili dispute sulla maggiore o minore durezza del tracciato rispetto al Giro. Confronti o accostamenti che lasciano il tempo che trovano. Resta l’evidenza di una corsa spietata e terribile, di drammi e di imprese che hanno fatto la leggenda del ciclismo. Di un ciclismo spesso cantato con timbri epici. Ma il Tour è anche festa popolare, totale, avvolgente e coinvolgente. La Francia vive, ogni anno, la grande festa del ciclismo, conoscendone però perfettamente le regole: competenza e passione si respirano in ogni angolo di Francia.
Si dice, anche in questa rivista, che il Tour condizioni oltremodo il mondo del ciclismo, e questo, alla fine, non gioverebbe all’intero movimento. La verità è che il Tour eleva il ciclismo a sport di rango, a evento sportivo universale, cosa che non riesce alle altre mille corse e corsette.
E non è il caso di non prendersela con Verbruggen se il calendario è affollato. Le corse ci sono perché c’è chi le corre. Forse sarebbe meglio tornare a squadre di quindici atleti, che selezionano l’attività, che puntano agli obiettivi veri, alle corse che contano. Meno corridori, più punti di riferimento; meno corse più grandi obiettivi.
Ma con una cosa anche il Tour, il grande Tour, dovrà fare i conti. Lo spettro del doping aleggia ovunque. La cultura del sospetto è uno degli esercizi più usati negli ultimi anni. E, francamente, la politica dell’Uci non aiuta certo a pensare diversamente. Non è bello applaudire alla grande impresa di Riis e sussurrare commenti maliziosi e infamanti all’indirizzo del campione danese e di tutta la Telekom. Non c’è più grande impresa senza grandi sospetti.
Lo sport oggi ha raggiunto vette d’impatto elevatissime e interessi commerciali profondi. È un’industria potente e fiorente. Ma come Cassius Clay, simbolo di grandezza e di forza olimpica, trema. L’immagine di Atlanta è stata eloquente: il gigantismo sportivo è fremente e vulnerabile. Anche il Tour, simbolo di massima espressione ciclistica, oggi sembra inattaccabile, ma trema.
Copyright © TBW
TBRADIO

00:00
00:00
A Ruddervoorde (Belgio) Sara Casasola sfiora la vittoria nella prima manche del Superprestige di Ciclocross per donne elite. La friulana della Crelan Corendon, seconda anche ieri a Essen, chiude la prova alle spalle della campionessa belga e compagna di squadra...


Podio tutto italiano all'Alperosequer Schneisingen di Ciclocross per juniores che stamattina si è disputato in Svizzera. Ha vinto il figlio d'arte e campione italiano Patrik Pezzo Rosola (Fas Airport Services Guerciotti Premac) al terzo successo dopo Illnau e Tarvisio, che...


L'ultimo traguardo della stagione juniores 2025 porta la firma di Brandon Fedrizzi. Il trentino della Petrucci Assali Stefen Makro si aggiudica la gara di Camignone, nel Bresciano, chiudendo con cinque affermazioni la sua prima annata con gli juniores. Fedrizzi si...


Si chiude nel segno di Paul Magnier e Paul Double il Tour of Guangxi 2025. Lo sprinter transalpino della Soudal Quick-Step, vincitore già di 4 tappe questa settimana, ha servito la cinquina conquistando anche la frazione conclusiva della breve...


Si conclude con il trionfo di Lorenzo Cataldo il Giro di Serbia Open (2.2). Il toscano del Gragnano Sport Club conquista la classifica generale dopo aver sfiorato la vittoria nella terza e ultima tappa, da Jagodina a Kruševac, dove ha...


Adam Hansen, presidente del CPA -Cyclistes Professionnels Associé, l’associazione mondiale dei corridori, ha pubblicato su X una riflessione in cui affronta temi cruciali del futuro del ciclismo professionistico. Un vero e proprio “dietro le quinte” della vita dei corridori, lontano...


La Calabria potrebbe riabbracciare il Giro d’Italia. A distanza di quattro anni dalla volata vincente di Démare a Scalea e della successiva ripartenza da Diamante, in Regione starebbero lavorando per ospitare tre tappe dell’edizione 2026 della “corsa rosa”.  Le tre...


E' successo nella notte, ma non è affatto un sogno: la Nazionale italiana di paraciclismo stupisce ancora ai Mondiali su pista di Rio de Janeiro, trascinata da una straordinaria Claudia Cretti, che nella tarda serata di ieri ha completato...


La Veneto Classic chiude ancora una volta il calendario internazionale professionistico e la rassegna di Ride the Dreamland. La corsa anno dopo anno si sta infatti affermando come prestigioso appuntamento di fine stagione con percorsi spettacolari, incerti e tanti campioni...


Anna Bonassi si prepara a tornare sul palco degli Oscar tttoBICI: dopo aver vinto due anni fa tra le Esordienti, la bresciana della FlandresLove Fiorenzo Magni si è ripetuta imponendosi nel Gran Premio Mapei Sport riservato alla categoria Donne Allieve. Bonassi...


TBRADIO

-

00:00
00:00





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi La Vuelta 2024