Gatti & Misfatti
Se si potessero “fondere” i due De Zan...
di Cristiano Gatti

Allora, meglio senior o junior? Meglio padre o figlio? Meglio il metallizzato o Mandi Mandi? Meglio Adriano o meglio Davide De Zan? Il ciclismo è lo sport più legato, nel bene e nel male, agli umori, al carattere, alle emozioni, alle capacità e purtroppo alle tare di chi lo racconta in televisione. Da noi la faccenda è diventata ancora più complessa perché il racconto televisivo se lo sono tramandato nella stessa famiglia, il figlio ha ereditato dal padre e sui titoli di coda scorre sempre lo stesso cognome: De Zan. È antipatico fare dei paragoni, soprattutto è impietoso tra padre e figlio. Loro, almeno all’apparenza, convivono e rivaleggiano in perfetta sintonia affettiva. Anzi: non appena può, sia un compleanno o sia un incontro sul palco (ma tu guarda chi c’è qui), Davide non perde mai l’occasione di versare qualche lacrima sulla sua bella storia domestica, additando al pubblico il suo papà come fulgido esempio di mito televisivo.

Mi rendo conto comunque che la cosa più interessante per l’appassionato non siano le loro faccende personali, ma la domanda buttata lì all’inizio: meglio Adrianone o Davide Mandi Mandi? Per quanto possa interessare, per nulla che possa contare, di solito non ho difficoltà a schierarmi. Però stavolta non ce la faccio proprio. Perché il telecronista che idealizzo io è una perfetta miscela tra il 60 per cento del padre e il 40 per cento del figlio. Questa ipotetica creatura di laboratorio dovrebbe avere cioè il talento naturale, la voce e la personalità di Adriano, unite però all’entusiasmo e alla competenza di Davide. Sarebbe una cosa perfetta. Invece siamo a questa situazione: Adriano è stanco e ha ormai rinunciato a rincorrere i volti, le storie, i dettagli del gruppo, limitandosi a una vaga conversazione salottiera col commentatore di turno. Davide invece racconta tutto, persino troppo, eccitandosi anche quando non serve, finendo così per elevare qualsiasi cosa ad un livello eccelso di inverosimile superlativo (Santa Madonna, ci sarà pure una differenza tra un allungo nazionalpopolare di Coppolillo e una fuga di Indurain, o è tutto ugualmente bellissimo, grandissimo, simpaticissimo, mandi mandi che campionissimi?).

Sì, ci vorrebbe proprio una bella miscela. Chi fatica a immaginare il risultato, può più semplicemente tornare indietro di una ventina d’anni. Riavvolgendo questo nastro della nostra storia sportiva, s’incontra in video, dal Giro o dal Tour, dalla Roubaix o dalla Sanremo, il miglior telecronista che sia mai comparso in video, perfetta sintesi di talento e di competenza, di voce e di entusiasmo, di personalità e di fantasia: Adriano De Zan giovane. Col passare degli anni, come i bei mobili e i bei quadri, quelle telecronache stanno acquistando la dimensione di veri e propri pezzi d’autore. Vi si è sedimentato sopra uno strato di polvere che le carica di una suggestione particolare. Soprattutto, abbiamo potuto vedere all’opera anche molti successori, nel ciclismo e fuori dal ciclismo, finendo per apprezzare ancora di più i numeri straordinari di quel grande De Zan giovane. Per quanto mi riguarda, non ho alcuna intenzione di nascondermi dietro gli elogi: ho criticato molto il De Zan della fase matura, anzi avariata, spesso andando giù anche un po’ con la vanga, senza peraltro che lui - glielo debbo riconoscere pubblicamente - abbia mai reagito in modo scomposto e cafone, come peraltro certi toni avrebbero autorizzato a fare. Ma Adriano lo sa bene: le critiche di adesso sono tutte figlie del ricordo di vent’anni fa, perché non esiste proprio che il Maradona della televisione si riduca a prendere un tè in diretta, dialogando amabilmente del più e del meno, con l’altra vecchia zia di casa Rai, al secolo Vittorio Adorni.
Caro Adriano, sei stato immenso, sei stato il numero uno. Ma come tutti i numeri uno, ad un certo punto t’è passata la voglia dei grandi colpi. Hai creduto che bastasse il mestiere. Ma il mestiere basta ai mestieranti, non ai Maradona. Purtroppo i Maradona senza colpi contano meno dei Furino con la grinta.

Cristiano Gatti, 39anni, bergamasco, inviato de “Il Giornale”
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