| 14/02/2007 | 00:00 Una via per il Pirata - Marco Pantani continua dunque la sua strada fra storia e mito. A tre anni dalla scomparsa del leggendario Pirata, il comune toscano di Manciano, in provincia di Grosseto, dedica infatti allo sportivo che fece sognare tutti gli appassionati di ciclismo una via, una ripida salita, che va dalle terme di Saturnia a Poggio Murella. Il Pirata, nella piccola frazione, aveva acquistato una casa, ora in uso ai familiari dello scalatore romagnolo.
Il boom della fiction - A testimoniare l'affetto che ancora oggi non solo i tifosi, ma tanti italiani, provano per Pantani, i 5,5 mln di spettatori che sono rimasti incollati alla televisione per vedere il film del regista Claudio Bonivento Il Pirata, trasmesso il 5 febbraio scorso in prima visione su Rai Uno. La pellicola (in cui Pantani è interpetato da Rolando Ravello) ha riscontrato anche il favore del grande pubblico, con il 20.97% di share. Anche se i pareri degli ex colleghi del Pirata, come il "Diablo" Chiappucci o l'ex compagno di squadra Stefano Garzelli sono fra loro discordi.
Quell'infausto S.Valentino 2004 - Sono appunto passati tre anni dalla morte del Pirata, da quell'infausto San Valentino del 2004. Pantani aveva 34 anni. Venne ritrovato nell'appartamento 5D del residence delle Rose, sul lungomare di Rimini. Lì si era rinchiuso in solitudine da diversi giorni. A trovare il cadavere, quel 14 febbraio del 2004, furono gli uomini della Squadra mobile di Rimini. Nella stanza gli agenti rinvennero scatole di psicofarmaci e, su un tavolino, tracce di polvere bianca, che le analisi della Scientifica avrebbero poi confermato essere, come da subito sospettato dagli inquirenti, cocaina.
L'overdose di cocaina - Fu proprio un'intossicazione acuta di cocaina, una overdose, come confermato dal medico legale Giuseppe Fortuni, a provocare un conseguente edema polmonare e cerebrale che portò Pantani alla morte. E a circa un anno e mezzo dal ritrovamento del cadavere, la mamma del Pirata, la signora Tonina, sosteneva che c'erano ancora molti aspetti sui quali bisognava far luce. La signora Tonina, che ancora chiede giustizia, è tornata a parlare la scorsa domenica a Domenica In. "C'era - ha detto - un disegno preciso per farlo fuori", ricordando anche di averlo visto per l'ultima volta il 31 dicembre a Milano.
Il fronte dell'inchiesta - Sul fronte giudiziario si è aperto il processo ai due unici imputati: la ex fidanzata Elena Korovina e Fabio Carlino, gestore di una agenzia di ragazze-immagine. Gli altri tre, tra i quali Fabio Miradossa, che riforniva il ciclista di cocaina, hanno patteggiato e sono tornati in libertà grazie all'indulto. Diverse le accuse di cui devono rispondere Korovina e Carlino. Per lei concorso in spaccio, più grave il capo di imputazione che pende su Carlino, ovvero morte come conseguenza di altro reato.
L'inizio della fine - A rovinare per sempre il campione fu un drammatico stop al Giro del 1999 quando, dopo la tappa di Madonna di Campiglio, un'analisi del sangue rivelò un livello troppo alto di ematocrito, che lo portò immediatamente all'esclusione dalla gara. Si rimise in sella, tornando a vincere, ma fu tradito dalla depressione, tanto che nel 2003 dovette ricoverarsi in una clinica. Cedette all'abuso delle droghe e dei farmaci.
Un nuovo libro per ricordare - Per ricordare Marco Pantani, la Mondadori ha pubblicato in questi giorni un volume di Pier Bergonzi, Davide Cassani e Ivan Zazzaroni dal titolo Vai, Pantani, in cui sono raccolte le parole pronunciate dal campione nei momenti più importanti della sua carriera e della sua vita. "Il Giro è la corsa dove mi posso esprimere meglio", disse il Pirata nel 1994. Ma nel 1998 dichiarò anche, tragicamente: "Trionfare o morire". Lo fece quando firmò la doppietta Giro-Tour, come Fausto Coppi nel '49 e nel '52. E ancora: "A ne so se ui' serà un elt de "' , che in romagnolo significa "Non so se ci sarà un altro giorno". Lo dissse poco prima di morire nel 2004, forse presagendo l'imminente fine.
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