SEI ANNI, TROPPO POCO

TUTTOBICI | 19/05/2016 | 07:50
Santo cielo, che clima. Sem­pre peggio. Per anni si an­dava alle corse e tutti si guardavano in giro circospetti, scettici, diffidenti. Un campione staccava gli altri e tutti a chiedersi com’è possibile fare quella differenza. Un gregario vinceva una tappa e tutti a chiedersi com’è possibile di­ventare improvvisamente cavalli di razza do­po una vita a portare la soma. L’u­ltimo dei pi­squani riusciva ad arrivare in gruppo e tutti a chiedersi ma tu pensa quello, si staccava sul pri­mo cavalcavia e adesso tiene fino alla fine. Ma com’è possibile?

Eppure era ancora poco. Lo sport del sospetto, che non ha eguali in nessun’altra di­sciplina (benchè ci sia terreno molto fertile), evidentemente non ne ave­va abbastanza. Perché davvero non resti il minimo spazio alla me­ra­viglia pulita e sincera, alla fantasia candida, allo stupore assoluto, da­vanti alle fatiche vere dei ciclisti, ci siamo ultimamente dotati anche del so­spetto di scorta: il motorino. Ca­so mai qualcuno godesse della fama del chimicamente pulito, del corridore che davvero procede a pane e acqua, adesso è sistemato: va bene, magari non si dopa, ma siamo sicuri che sotto al sedere non abbia il motorino.

Ragazzi, che clima. An­da­re al Giro e tirarsi dietro questo peso mor­to del disfattismo cosmico, che spegne già sul nascere qualsiasi slancio. Ci siamo ridotti proprio bene. Ovviamente dico “ci siamo” ragionando come se fossimo tutti una famiglia. Per essere rigorosi, è chiaro che bi­sognerebbe dire “ci hanno”. Co­sì ci hanno ridotti i furbi e i mal­fattori di tutte le risme, campioni e mezze calzette, vecchi e giovani, maschi e femmine. Dai professionisti agli amatori, tutto un mondo di menti malate disposte a qualunque bassezza pur di migliorare in qualcosa. Di fregare il prossimo a più non posso. Senza remore, senza scrupoli. Anzi, credendosi nettamente più volpi degli altri.

È per questo che quando una volpe ci lascia la zampa, bisogna solo fe­steggiare. E andare giù pesanti con le bastonate. Da questo punto di vista, trovo piuttosto equa, compatibilmente con le norme vigenti, la pena di sei anni inflitta alla popolare Fem­ke Van Den Driessche (mi ci vorrebbe il doping solo per ri­scrivere le generalità). Questa tizia è a pieno titolo la prima vittima del motorino. Sperando sia l’ultima, ho il forte sospetto che non lo sarà. Resta il fatto che in linea teorica, almeno per come la vedo io, sei anni siano comunque pochi. Per una cosa del genere, comprovata al cento per cento, io non starei più a perdere tempo: radiazione, al­tro che squalifica. Fuori dalle scatole una volta per tutte. La signorina restituisca le braccia all’agricoltura, vada a fare la pettinatrice ad Albinea, si met­ta in proprio a infilare collanine. Ma nel mondo del ciclismo non mette più piede. Dice il buonista: sei anni significano comunque carriera finita. E bra­vo il mio buonista. Ma quando si ragiona di ideali e di etica, il risultato pratico interessa poco: deve passare il concetto che la colpa è talmente grave, talmente vigliacca, da me­ritare soltanto la parola fine. Conta la simbologia. Nessuno mette al muro nessuno. Ma in una gara di biciclette, neppure a un incrocio con la bandierina in mano, mai più. E ovviamente non mi dilungo oltre per dire che analogo atteggiamento an­drebbe tenuto pure per il do­ping chimico, provato al cento per cento. Basta, via, chiuso. Game over. Chi fa simili danni risarcisca in denaro a sparisca dalla circolazione. I furbi ci sa­ranno sempre: ma è ora che sappiano una cosa soltanto, che quando ci lasciano la zampa non c’è una seconda possibilità.

Tanta ferocia per così poco? In fondo la Van Den Eccetera non ha ammazzato nessuno. Né lei, né Armstrong, tanto per aggiungere esempi. Anche questa è una posizione che non sopporto più. Certo questi signori del tarocco non assassinano fisicamente nessuno. Non scorre sangue. Ma siamo proprio sicuri che non siano dei veri boia? A me pare che i loro reiterati e spudorati imbrogli una vittima la la­scino sul pavimento. E torno di colpo all’inizio: cos’altro è, questo clima mortifero di sospetto totale, che ci rovina il gusto di ammirare, di gioire, di credere, se non una vittima inerme di quei crimini? Quando parlo di radiazione, non è tanto l’Epo o il motorino in sé che penso di castigare. Molto più seriamente, pretendo che il killer paghi per il suo vero crimine, per la vera vittima che resta sul pavimento: l’idea stessa della no­stra passione.

Cristiano Gatti, da tuttoBICI di maggio
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COMMENTI
squalifiche
19 maggio 2016 10:02 siluro1946
Squalifica a vita, sanzione economica pari a tutto quanto ha guadagnato con il ciclismo, e DASPO per tutte le attività sportive mondiali.

19 maggio 2016 10:19 limatore
lo sport oltre a essere una professione, è , prima di tutto, un 'attività formativa e ricreativa, che serve a esempio per i giovani. Trovo proporzionata la squalifica a vita per determinate infrazioni, sia "meccaniche" che "chimiche". A cosa servono queste persone nello sport? certo non le uccidiamo, la vita è fatta di altre cose oltre allo sport, fortunatamente, aggiungo io.

sei anni???????????????
19 maggio 2016 12:14 linklap
Salve, devo dire che, pur essendo contro il doping chimico e meccanico non sono d'accordo sulle ipotesi dell'articolo. Infatti oramai è stato abolito anche l'ergastolo e voi volete condannare un giovane che sbaglia? Inoltre nessun accenno al meccanico che monta il motorino e al direttore che dà l'ok. Per fortuna che i preposti alle squalifiche non sono altrettanto forcaioli. Saluti, alla prossima.

19 maggio 2016 14:43 foxmulder
Mah.... Secondo me non è nemmeno una questione quantitativa... Alla fine, chiaramente, un numero bisogna pur tirarlo fuori. Non so se il 6 sia troppo o sia poco. Dico solo che la stessa pena dovrebbe essere comminata anche ad altri, oltre che all'atleta, perché è chiaro che non può aver fatto tutto da sola. E chi sapeva (al di là di chi fisicamente ha installato il dispositivo che, probabilmente, eseguiva degli ordini) è altrettanto responsabile.

responsabilità
19 maggio 2016 17:01 siluro1946
La responsabilità, civile e penale, è solo esclusivamente del ciclista, soprattutto se è un professionista. La squalifica a vita, sportiva, non impedisce a nessuno di guadagnarsi il pane in altri modi, come fanno milioni di persone. Se qualcuno impone delle attività non legali, basta non assecondarli, il concetto per il quale si dica "ho eseguito un ordine", sdoganerebbe anche ordini aberranti, eseguiti, come la Storia ci ha troppo spesso abituati.

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