PROFESSIONISTI | 18/05/2016 | 08:39 23 E’ il corridore senza bici. Mai avuto una bicicletta tutta sua. Né da piccolo né da grande. Anche la sua prima bici, una mountain bike, scassata e scrostata, era nata dal nulla. Anche le altre venivano e tornavano alle società. E anche quelle di adesso gli vengono affidate all’inizio dell’anno e devono essere restituite alla fine.
Il corridore senza bici è Paolo Simion,
23 anni, anagrafe a Castelfranco Veneto, residenza a Martellago,
passista e velocista con la speranza di diventare corridore da
classiche, convertitosi al ciclismo per dimagrire. “Giocavo a calcio, lo abbandonai, ingrassai, fino a pesare 85 chili.
Il papà di un mio compagno di classe, direttore sportivo nella squadra
del paese, m’invitò a dimagrire in bici. Cominciai per gioco, continuai
per gioia, non smisi più. La prima corsa a 10 anni, categoria G5, mountain bike:
ero con i primi, nel finale venni chiuso e caddi, eppure arrivai
quinto. La prima vittoria da esordiente, a Martellago, davanti a casa, e
quell’emozione fu così forte che non potrò mai dimenticarla”.
Poi bicicletta e ciclismo, strada e pista, tornanti e velodromi, volate e inseguimenti, americane e punti, scratch e omnium. “Il bello della pista è la velocità, che è calore, e la tecnica, che è freddezza. Il bello nel quartetto dell’inseguimento è conoscenza, a memoria e alla cieca, affiatamento e anche affetto, sincronia e sintonia. Il bello della strada è l’avventura e il mistero, la curiosità e l’ignoto. Il bello del ciclismo è
la sfida personale, capire fin dove ci si possa spingere, fin dove si
possa arrivare, fin dove si possa chiedere a se stessi. Ma io non
chiedo, io lavoro, mi alleno e corro, soffro e rinuncio, e un giorno
spero di raccogliere”.
Simion sogna le classiche:
“Quest’anno ho avuto il privilegio di correre la Gand-Wevelgem, una
bella fatica, una corsa fuori dagli schemi, sei ore a tutta, tra muri e
pavé, tra acqua e polvere, tra avversari e spettatori, una di quelle
emozioni che danno un senso al tanto pedalare”. Intanto ha debuttato al Giro d’Italia:
“Undicesimo alla seconda tappa, quattordicesimo alla terza, poi
gruppetto, e una giornata storta a Foligno. Ci saranno altre occasioni”.
A sentir parlare di occasioni, gli torna in mente la prima tappa al Giro dell’Austria 2015:
“Volata, partito al momento sbagliato, se fossi rimasto a ruota magari
avrei vinto, invece secondo. E’ che, in quelle frazioni di secondo, se
prendi una decisione sbagliata, addio”.
Simion “il rosso volante”, Simion il figlio unico, Simion che per sette anni fa il chierichetto, Simion che va anche a lavorare nei campi coltivati a radicchio tardivo di proprietà della famiglia, Simion diplomato al liceo scientifico a indirizzo chimico e biologico, poi iscritto all’Università di Padova e alla Facoltà di ingegneria chimica, Simion che è un rugbista a due ruote essendo alto 1,85 per 79,
Simion detto Fabeo, lui come tutta la sua famiglia, dall’Ottocento, da
sempre, e non si sa il perché, Simion che se chiude gli occhi e spalanca
il cuore si vede trasformato in un altro Cancellara o in un altro
Boonen, Simion e il Fans Club Paolo Simion, non solo gite di
gruppo per sostenere il proprio eroe ma anche aiuti, sostegni,
partecipazioni sociali, all’oratorio e alle sagre, dove si può. “Correre
è all’80 per cento fatica, al 100 per cento piacere”. E non è neppure
indispensabile avere una bici. Marco Pastonesi
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