GIRO. DIAMO I NUMERI: 217 MARECZKO

PROFESSIONISTI | 07/05/2016 | 09:26
217
Non è veloce: è velocissimo. Non è compatto: è compattissimo. Non è esplosivo: è esplosivissimo.
Jakub Mareczko, italiano di Polonia, anzi, bresciano di Jaroslaw, è uno sprinter. Più che una stirpe, quella degli sprinter è una razza: qui il coraggio diventa audacia e l’audacia sfiora incoscienza e follia, qui i brividi diventano adrenalina e l’adrenalina si trasforma in divertimento e piacere. Ultimi chilometri allerta, ultimi mille metri allarme, ultimi duecento metri apnea. Gas, full gas, senza gasarsi, perché le dittature non esistono più, anche il gigante Golia - come Kittel - può essere sconfitto dal pastorello David – come Marczko -.

Kuba (gli amici lo chiamano così) ha 22 anni, 1255 followers su Twitter, amicizie esaurite su Facebook. A quattro anni e mezzo ha lasciato la Polonia (“Ricordo solo freddo e neve”) per il Garda (casa di famiglia a Raffa di Puegnago, casa sua a Salò), ha cominciato a correre all’oratorio, non ha più smesso di correre, anche rischi e pericoli, e di vincere. Nel 2015, primo anno fra i professionisti, 13 vittorie. Nel 2016, alzando il tiro, già cinque. E dopo tanta Cina e Malesia, Argentina e Turchia, anche la prima vittoria italiana, alla Settimana internazionale Coppi e Bartali, sotto gli occhi di tutta la famiglia, compreso il nonno Nino, 92 anni e passa.

Fra la cittadinanza polacca e quella italiana, Kuba ha scelto quella italiana. Fra un libro di fantascienza e uno di sport, Kuba ha letto “Il bambino di Auschwitz”, forse un altro Kuba di un altro tempo e di un’altra storia, ma dello stesso Paese. Fra un mazzo di rose e un bacio alle miss, Kuba non dimentica di portare i trofei – animali mascotte – all’oratorio dove aveva cominciato a gareggiare senza neppure immaginare che un giorno sarebbe stato in Olanda, al Giro d’Italia, dorsale numero 217, per infilare la sua ruota davanti, anche se per un solo centimetro, davanti a quelle di tutti gli altri, e dove forse, prima o poi, emergerà un’altra freccia a due ruote.
Ecco Kuba. Ieri, nella cronometro, ultimo. Oggi, nella tappa piatta, primo. Magari.

Marco Pastonesi
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