L'ORA DEL PASTO. Quello che vide Binda e si sentì male

STORIA | 21/12/2015 | 07:29
Aveva gareggiato con Berruti e Ottolina, familiarizzato con Rubini e Gamba, conosciuto Trapattoni e Mazzola, ma quando incontrò Binda, si sentì male. Emozione, devozione, commozione. Commozione spirituale.

Giancarlo Sisti sta alle scarpe dello sport come Cristoforo Colombo alla storia dell’America’s Cup e Gianni Agnelli alla moda delle berline, senza averne raggiunto nel primo caso la fama e nel secondo caso i quattrini. Ma non è detto che, con il tempo, possa ancora ribaltare la situazione. Milanese del “borg dei scigolatt”, i cipollai, oggi Chinatown, Sisti aveva piedi esplosivi. Se ne accorse quando, pronti, via, di corsa, sfidava e sconfiggeva coetanei e maggiorenni sulla strada, così priva di auto e moto da apparire come una pista, di via Nicolini. Sarà stato che durante la guerra era sfollato a Talmassons, in Friuli, e aveva frequentato la scuola della natura: saltare i fossi, arrampicarsi sugli alberi, inseguire le rane, e correre, correre, correre. Sarà stato che d’estate correva a piedi nudi e d’inverno con gli zoccoli di legno. Sarà stato che aveva imparato a correre scalzo anche sul grano tagliato, strisciando i piedi, l’unico modo per non ferirsi con le schegge delle spighe. Sarà stato che per certe doti bisogna solo ringraziare i propri genitori, i suoi erano un papà impiegato e una mamma casalinga forza della natura, morta a 97 anni. Sarà stato che un nonno aveva lavorato come calzolaio, e certe eredità si guadagnano e si scoprono soltanto a miracoli ormai già avvenuti.

Era un figlio del vento, Sisti. Non proprio tramontana o bora, ma neanche una dolce brezza. Centometrista e staffettista, personali di 10”5 e 21”5, con giustificato orgoglio esibisce la foto di un cambio del testimone con Berruti allo Stade de Colombes a Parigi, l’Olimpiade di Roma 1960 vissuta soltanto da spettatore, eppure proprio lì scoccò il magico incontro con un artigiano delle scarpe da sport e brillò l’idea di aprire un negozio specializzato in calzature, dall’atletica al basket, dal calcio al rugby. Successe nel 1966, in via Canonica, a due passi dall’Arena. E quel sei-per-quattro divenne, a forza di passaparola, un luogo di culto e mercato. Converse All Stars, Adidas, Puma, Superga. Come se bastassero loro per far decollare e poi volare in alto, in lungo, a canestro, in gol, in meta, a rete, al traguardo.

Sisti, 78 anni e una favella a ruota libera, ha attraversato lo sport giocando come terzino e come Dracula (il suo soprannome, dalla passione per la canzone “Dracula cha cha cha” di Bruno Martino), dando del tu a Missoni e Oberweger, ammirando Consolini e Benvenuti e anche Hailwood e Agostini, calzando Sara Simeoni (suoi i tubolari, contenitivi, nei salti mondiali e olimpionici), e perfino pedalando nell’EnalGiro. Facendone e vedendone di tutti i colori. Ma quando incontrò Binda, si sentì male: “Lei è davvero Alfredo Binda?”, riuscì a sillabare prima di accasciarsi per l’emozione, la devozione, la commozione spirituale.

Marco Pastonesi
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