LE STORIE DEL FIGIO. Eugenio Salvoldi, il "papà di”

STORIA | 07/12/2015 | 07:26
Il cognome Salvoldi, di primo acchito, nel ciclismo rimanda subito a Edoardo Salvoldi, detto Dino, commissario tecnico per eccellenza del settore femminile, strada e pista, della squadra azzurra ove opera, con il suo affiatato e collaudato staff, da una ventina d’anni e più. Il settore che fa capo a Salvoldi è, da tempo e in continuazione, una miniera praticamente inesauribile di medaglie internazionali, sia d’oro, sia d’argento e pure di bronzo.

Non è però del Salvoldi più famoso che parliamo questa volta ma di Eugenio Salvoldi che, detto per inciso, di Dino è il papà. “Papà di” invece dell’abituale “figlio di”. E' ciclismo e biciclette di padre in figlio in casa Salvoldi. E andiamo alle origini di questa passione interpretata dapprima da papà Eugenio, classe 1948, nativo di Cologno Monzese, città alle porte di Milano. E’ il titolare di una carriera ciclistica che segue la solita trafila indossando dapprima la maglia del Velo Club Alba di Cologno Monzese nelle categorie giovanili e quindi, fra i dilettanti, quella del G.S. Eliplast. Impegno e passione non mancano ma non sono suffragati da risultati che siano di sprone per continuare.

Attorno ai vent’anni, con qualche dispiacere, certo, ma con lucida consapevolezza, stacca il numero ma non si allontana dal ciclismo e, nel 1968, è tra i fondatori della S.C. Bettolino Freddo, attivissima società che riprende il nome di una località di Cologno Monzese che ha poi sempre favorito e curato il ciclismo giovanile.  Eugenio Salvoldi in società ricopre anche il ruolo di direttore sportivo e qui accompagna le prime pedalate anche del figlio Dino che, sulle orme del padre, interrompe presto, però il ciclismo pedalato, ma rimane, eccome rimane, per fortuna del medagliere azzurro, nell’ambiente. La “pecora nera” in famiglia - in senso pedalatorio ovviamente – è l’altro figlio Gianenrico, laureato in comunicazione.

Torniamo a papà Eugenio che, tanto per non farsi mancare nulla, diventa giudice di gara con esordio in questo ruolo a Rho, nel 1971 e opera pure come direttore di corsa, sovente in coppia con Andrea Riva di Cambiago, poi collaboratore di lungo corso in RCS Sport per molti anni. Effettua poi un percorso d’apprezzata “giacca blu” nazionale operando a tutti i livelli, sempre con discrezione e sentita partecipazione.

Non è solo ciclismo però dato che, trasferitosi a Trezzo sull’Adda, bella cittadina sempre in provincia di Milano, al confine con quella di Bergamo, qui, nel 1980 diventa volontario della Croce Azzurra alla quale, in posizione di responsabilità e a titolo volontario, dedica sempre impegno e tempo.
Un impegno che gestisce in modo sinergico con la sua passione ciclistica che lo porta pure a operare in affiancamento a varie organizzazioni, in molteplici ruoli.

Non c’è tempo per annoiarsi per Eugenio Salvoldi che, con la moglie, la signora Enrica, segue anche, da vicino, le vicende calcistiche del nipote Erik, dieci anni, figlio di Dino, che si diverte (si diverte, ribadisce nonno Eugenio), con il pallone nelle giovanili del Cittadella Calcio.

Papà Dino, in ossequio alla tradizione e al “credo” di famiglia, l’aveva messo in bici ma una caduta subito all’inizio dell’esperienza l’ha orientato, senza pentimenti, verso il calcio dove si applica e si diverte.  Una continuità familiare con le due ruote che s’interrompe, ma la scelta del giovanissimo Salvoldi è stata accettata e rispettata di buon grado da papà Dino e da nonno Eugenio, senza remore, senza però.

Giuseppe Figini

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