L'ORA DEL PASTO. Pengo, mani d'oro, cuore anche
STORIA | 01/12/2015 | 06:59
E’ un sarto: accarezza il carbonio come se fosse seta. E’ un cuoco: seleziona i materiali come se fossero ingredienti. E’ un sacerdote: confessa corone e pignoni come se fossero anime.
Enrico Pengo è un sarto, un cuoco e un sacerdote, è anche un guru, uno stregone e un santone, è soprattutto un medico, un fisioterapista e un massaggiatore, un chirurgo, un ortopedico, un omeopata. Ma delle biciclette. Meccanico. Che a dirla così, sembra poco. Ma che a farlo bene, è tantissimo.
Quarantatrè anni, vicentino. Pengo si racconta: “Papà meccanico di bici: tutto comincia da lui, dal suo laboratorio a Camisano Vicentino”, una passione nata correndo, fino a dilettante e poi da amatore, un amore vissuto in laboratorio, in officina. “Mamma bidella alle elementari: e anche questo ha il suo peso, il suo valore”, perché significa mettere le basi, abitare fra i sogni, coltivare le speranze. Una sorella, minore, di 12 anni. Lui, Enrico, l’ultimo giorno delle medie viene avvertito di trovarsi un lavoro, “e pur di trovare un posto ci metto un giorno: acquari”. Finché uno zio, che lavora alla Benotto, biciclette, gli apre uno spiraglio: “Magazziniere, al volo, senza neppure chiedere se esiste uno stipendio, un salario, un rimborso, e da magazziniere – si vede che era destino - a meccanico”.
Finito il militare, Pengo si fa forza e chiede consiglio e aiuto a Flavio Miozzo: “Meccanico, se possibile”. Miozzo lo avverte: “Non è facile”. Invece un mese e mezzo dopo Miozzo gli offre un posto da lavabici alla ZG Mobili. “Comincio nel gennaio 1993”. Pengo non smetterà più. “Tre anni con la ZG Mobili, poi Gewiss, Batik, Ballan-Alessio, dal 2000 Lampre”. Il primo Giro d’Italia vinto, con Gibo Simoni: “E’ vero, Gibo mi ha fatto piangere”. Il primo Mondiale vinto, con Alessandro Ballan: “Un sogno diventato realtà”. Da meccanico per i corridori, Pengo si trasforma in meccanico per squadra, e per squadra lui intende famiglia. “Il 2016 sarà il mio diciassettesimo anno nella Lampre”. Non solo. “In Nazionale. La prima volta nel 2000, con Fusi. Poi con Ballerini, Bettini e Cassani. Quindici Mondiali”. Altre corse, altri regali, e un altro obiettivo: “Un’Olimpiade”. Magari la prossima, a Rio de Janeiro. Ce ne sarebbe anche un altro, di obiettivo: “Il ventesimo Tour de France. Con il riconoscimento ufficiale, una cerimonia al villaggio di partenza, sul podio, fra Hinault e Thevenet”. E’ a quota 17. “Ma anche per noi esiste un calendario di corse, da una parte all’altra del mondo, e andare al Tour non è mai scontato”.
Il 2016 di Pengo è già scattato. A Boario Terme, al raduno Lampre, a unire – una specie di matrimonio – corridori e biciclette. Sincronismi, sinergie, simpatie millimetriche. E intanto anche a Camisano, con la consueta asta di memorabilia ciclistiche (www.all1sport.com, fino al 20 dicembre, a favore dell’associazione “Proviamo insieme per l’handicap”, per lo sviluppo della casa-famiglia “Dopo di noi”): dalla maglia iridata di Sagan a quella rosa di Contador, dalla maglia di campione di Spagna di Valverde a quella di campione di Portogallo di Rui Costa, dalla maglia di Aru a quella di Ulissi, fino alla macchina da caffè della Lampre, nessuno che abbia osato dirgli di no. Perché Pengo sa farsi amare. Chiedere, per informazioni, anche a forcelle e mozzi, a selle e catene, a pedivelle e copertoncini.
Marco Pastonesi
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