M come Mondiale. Nel senso di gara che assegna la maglia iridata: con l’arrivo di tappa, Vicenza ha fatto la prova generale per l’edizione del 2020, per la quale si è candidata ed è già a buon punto con i lavori. Test perfettamente riuscito: a dispetto del clima, nel finale erano almeno centomila gli appassionati sul percorso, a sua volta degno di una gara che deve scegliere il numero uno al mondo. Peccato che in tv, nemmeno un’immagine sia stata dedicata ai capolavori del Palladio, simboli della città. Un po’ come non far vedere San Pietro in una tappa a Roma o la torre Eiffel in quella finale del Tour a Parigi. Anche la Rai è pronta per il 2020: riuscire a mancare i monumenti con le telecamere è un’impresa mondiale.
R come resistenza. Nel senso di capacità di sopportare il dolore. I ciclisti in materia sono liberi docenti: qui chi cade prova a rialzarsi subito e a ripartire. L’esatto contrario di quei calciatori che simulano tormenti da agonia appena vengono sfiorati da un avversario: da come si comportano, sembra che più della barella servirebbe una bara. Di episodi esemplari è invece ricca la storia del ciclismo: quello di Magni, che nel ’56 corse una crono in salita con una clavicola rotta stringendo con i denti una camera d’aria è diventata l’immagine simbolo del Giro. A seguire, molti altri: per ricordarli tutti, servirebbe un sito intero. Un anno fa, il buon Daniele Colli, finito la settimana scorsa all’ospedale per la caduta provocata dal teleobiettivo di uno spettatore in Maremma, scoprì solo alla fine di aver gareggiato da metà Giro in poi con un’anca fratturata. Lo stesso Contador, all’ultimo Tour, risalì in bici per qualche chilometro dopo essersi fratturato tibia e perone, come scoprì una volta convinto a salire in ambulanza. Alle porte di Vicenza, il destino ha colpito uno dei più giovani, Stefan Kung, ventunenne talento svizzero della Bmc, primo anno da pro: stava affrontando con calma una discesa, per risparmiare energie in vista della crono, quando due atleti gli sono caduti davanti. Inevitabile l’impatto, dal quale a uscirne con le conseguenze peggiori è stato proprio l’elvetico: frattura della nona vertebra toracica, dovrà restare immobile a letto per quattro-cinque mesi. Conciato così, ha persino cercato di restare in corsa: si è fatto ridare la bici e ripreso la discesa. Pochi chilometri dopo, quando l’ha visto in lacrime per il dolore, il suo diesse l’ha fermato e fatto salire in ambulanza. ‘Ho pianto perché uno sportivo ha sempre il desiderio di andare avanti. Ma tornerò presto’, ha detto Kung. Ed è perfettamente inutile aggiungere altri commenti.
S come segnaletica. Nel senso di Ppo, Punto di passaggio obbligatorio. Confidenzialmente, pi-pi-o: come spieghiamo da giorni, è la zona dalla quale bisogna tassativamente passare per raggiungere partenze e arrivi. A sentire gli organizzatori, trovarlo è facile: basta leggere le indicazioni sulla guida della corsa. Chi è riuscito a vederlo, a Montecchio Maggiore e a Jesolo ha ricevuto anche informazioni meteo: sul cartello c’era scritto pi-pi-o-ve.
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