Repubblica denuncia: «Ecco gli emigranti del doping»

| 29/08/2006 | 00:00
Per molti può essere una «non notizia», per noi che il ciclismo lo amiamo e l'ennesima stilittata nel cuore. E' di oggi l'articolo di Eugenio Capodacqua apparso su «La Repubblica» dal titolo: «Doparsi a 17 anni, per una corsa in più». Da rabbrividire.Ve ne pubblichiamo alcuni passi, e ognuno poi ne tragga le conclusioni che vuole. «Nandrolone, un potente anabolizzante nel ciclismo giovanile. Non è la prima volta che accade, ma adesso c'è di mezzo addirittura un minorenne... E' positivo ad un controllo a sorpresa il 9 luglio scorso, in occasione del Trofeo Pantalica di Canicattini: norandrosterone e noretiocolanone, due metaboliti del nandrolone, appunto. Un mini-atleta già distintosi in varie manifestazioni, che viaggia attorno all'80° posizione (su 439) nello speciale ranking di categoria della Federciclismo. Un diciassettenne sulla strada devastante del doping. Con danni al fisico facilmente intuibili, lo dicono gli esperti: assumere anabolizzanti per un giovane sano e ancora acerbo è quasi un suicidio. Fegato e cuore ne hanno danni sicuri, spesso irreparabili. L'episodio non è che la punta di un enorme iceberg. «Per uno che si becca, cento la fanno franca», spiea Loris Salvestrini, il decano dei direttori sportivi per le categorie giovanili, uno che il ciclismo lo frequenta e lo conosce da oltre sessant'anni, che ha visto e lanciato validi professionisti (come Podenzana, compagno di Pantani) e che ora segue la formazione Vangi Di Nardo del talentuoso Ulissi, fresco campione del mondo junior. «E magari quelli che non sono controllati all'arrivo hanno aiutato il capitano a vincere e sono "pieni" più di lui. Ci vogliono i test a casa, nei ritiri. Test a sorpresa; quelli in gara della Federazione - scarsi - servono a poco». Lo si sospettava, ma adesso ecco la prova: il "modello" professionistico arriva alla base del movimento, con il doping più pensante. Fino agli juniors e addirittura agli allievi, cioè ragazzi di 14-15 anni. «Vengono qui in Toscana dalla Sicilia per partecipare alle corse di fine stagione. Sono gli stessi genitori a spingerli al doping per trovare una squadra. Il miraggio? Anche 25 mila euro l'anno per un buon allievo; la casa e, quel che più conta, il lavoro per il babbo». Emigranti del doping, dunque... «Ne ho sentite di cose... - aggiunge Salvestrini - genitori che incalzano i figli: tutti vanmno da quel medico - chiacchierato, ovviamente -... a te il tuo non ti da neanche un cachet per il mal di testa... dai, che sono farmaci che non fanno male, gli dicono. Ma le medicine fanno sempre male se non si è malati. E' un grosso problema. Nelle categorie giovanili girano farmaci a sfascio, proibite e non. E talvolta i medici del controllo antidoping sono gli stessi che li hanno prescritti. Così si mette in testa ai giovani che senza "aiuto" non si pedala. E' il primo passo verso il doping pesante, che arriva prestissimo. La Federciclismo fa poco, i direttori spotivi tacciono per convenienza, ma doverebbero essere squalificati con i loro atleti. Qui in Toscana ci sono due-tre squadre molto chiacchierate». Medie stratosferiche, calendari incalzanti, risultati da fare a tutti i costi. «Non studiano. Fanno la vita dei corridori e basta. O sfondi o affondi. E per arrivare si ricorre a tutti i mezzi».
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